La maggioranza della Regione Puglia si prepara a congedarsi con l’ennesimo colpo di teatro: la possibile introduzione del consigliere supplente, una figura mai prevista prima, che garantirebbe un seggio “di riserva” ai primi dei non eletti quando un consigliere viene nominato assessore.
Una trovata che sa di vecchia politica, partorita – secondo molti – per moltiplicare le poltrone e tenere a galla il sistema del potere che da vent’anni governa la Puglia.
La norma, che potrebbe essere infilata nel bilancio di previsione, è considerata da più parti un atto illegittimo, immorale e contrario al buon senso, ma soprattutto una pugnalata a chi nella macchina del Consiglio regionale lavora ogni giorno: giornalisti, collaboratori, amministrativi e addetti stampa dei gruppi consiliari.
La proposta, se approvata, consentirebbe di portare gli attuali 50 consiglieri regionali a 58, con un aumento dei costi stimato in oltre 3 milioni di euro l’anno. E per “coprire” la spesa, la maggioranza avrebbe pensato di tagliare i fondi ai gruppi consiliari, cioè ai capitoli di bilancio da cui vengono pagati i lavoratori che supportano l’attività politica e istituzionale.
Un messaggio devastante per una regione in cui migliaia di giovani faticano a trovare un’occupazione, e dove la politica, invece di dare l’esempio, si premia da sola.
La proposta non convince nemmeno gli esponenti della maggioranza. Il presidente della II Commissione, Vincenzo Di Gregorio, denuncia apertamente i tagli ai fondi per i collaboratori: “Significherebbe perdere decine di posti di lavoro e cancellare anni di progressi nella professionalizzazione della comunicazione istituzionale. Sulla stessa linea Sergio Blasi, che annuncia voto contrario: “Abbiamo faticato a ridurre i costi della politica. Ora qualcuno vuole riaprirli per creare nuove poltrone? È una scelta ingiustificabile, lontana dai problemi reali dei pugliesi”. Il movimento 5 stelle ha fatto sapere che non sosterrà l’eventuale emendamento. Dai banchi dell’opposizione, il capogruppo della Lega, Giacomo Conserva, parla senza mezzi termini di “atto illegittimo e inaccettabile”: “Le regole elettorali non si cambiano dentro una legge di bilancio e a fine legislatura. Se la maggioranza forzerà la mano, verrà meno ogni principio di correttezza istituzionale”. Il consigliere Renato Perrini (di FdI) punta il dito contro il candidato del centrosinistra Antonio Decaro, definendolo “l’artefice del disegno per moltiplicare le poltrone dei trombati”. “Tagliare posti di lavoro veri per creare otto o dieci seggi fantasma è una vergogna senza precedenti”. Anche Forza Italia affonda il colpo: “La sinistra ama così tanto i poveri che quando governa li aumenta – commenta il gruppo azzurro guidato da Paride Mazzotta –. Mandare a casa giornalisti e dipendenti per accontentare appetiti politici è un insulto alle professionalità che tengono in piedi il Consiglio regionale.” Anche il consigliere regionale di Fratelli d’Italia, Paolo Pagliaro, definisce l’iniziativa “un espediente vergognoso per salvare il consenso di Decaro”. “Una scorrettezza e una bassezza avallata dal candidato presidente del cetrosinistra Antonio Decaro con il vincolo ipocrita dell’invarianza di spesa, ben sapendo che qualcuno dovrà pur pagare le indennità dei consiglieri ripescati, primi dei non eletti, per prendere il posto degli assessori. E quel “qualcuno”, secondo la logica dell’esponente di punta di un partito che di “democratico” ha ormai solo il nome, saranno i lavoratori dei gruppi consiliari, quelli che supportano i consiglieri nell’attività politica e di comunicazione. Si tagliano teste e si sacrificano professionalità al solo scopo di foraggiare seggi in più, fino a otto, per accontentare qualcuno dei probabili non eletti delle liste sature di Decaro. Pur di tenere in piedi la sua macchina del consenso, – conclude Pagliaro – l’aspirante governatore di centrosinistra se ne infischia di giornalisti e collaboratori che mette a rischio, e che finora hanno consentito il funzionamento dei gruppi consiliari. Siamo disgustati».
E dunque, mentre la Puglia fa i conti con ospedali in difficoltà, sanità sotto pressione e comuni sommersi dai rifiuti, la maggioranza regionale pensa a garantirsi il posto di scorta. Una norma che puzza di fine impero, di privilegio travestito da riforma, di vecchia politica che non vuole morire.
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