Un’operazione congiunta della Guardia costiera di Gallipoli e del Comune ha riportato alla pubblica fruizione un’area di oltre 5.200 metri quadrati del porto, da tempo occupata abusivamente. Dopo mesi di accertamenti, che avevano già portato alla rimozione di circa 150 barche, sono state eliminate dal fondale strutture pericolose – boe, catene, blocchi di cemento e persino la carcassa di un vecchio natante – per un totale di 10 tonnellate di materiali.
Nei mesi precedenti, infatti, era stata accertata l’illecita occupazione di una vasta area portuale da parte di circa 150 barche, ormeggiate alle mura del Castello Angioino, alle arcate del Ponte Seicentesco, nonché agli Scali di alaggio del Rivellino e del Seno del Canneto e, anche se i proprietari – rimasti ignoti – avevano provveduto allo sgombero delle unità, avevano lasciato sul posto tutti gli apprestamenti di ormeggio e le strutture abusivamente realizzate, arrecando un grave pregiudizio per la sicurezza della navigazione, per l’ambiente marino e per il patrimonio storico e artistico della “Città bella”. L’operazione di rimozione, necessaria per ripristinare la legalità ed il decoro delle aree portuali, è stata effettuata dai militari del Nucleo SUB della Guardia Costiera di San Benedetto del Tronto ed è stata estremamente complessa poiché ha richiesto un impegno tecnico-operativo considerevole. Boe per l’ormeggio (gavitelli), blocchi di cemento, pneumatici, cime, catene e passerelle sono state prelevate dal fondale e inviate allo smaltimento come rifiuti speciali, per un quantitativo complessivo pari a circa 10 tonnellate. Inoltre, dal fondale della seconda arcata del Ponte Seicentesco è stata rimossa e inviata a smaltimento la carcassa di un vecchio natante in legno, completa di motore entrobordo.
Infine, sono state rinvenute 6 unità da diporto lasciate a secco sullo Scalo del Rivellino, che continuavano ad occupare abusivamente l’area demaniale marittima portuale.
Pertanto, queste ultime sono state oggetto di apposita informativa all’Autorità Giudiziaria e una volta sottoposte a sequestro penale, sono state rimosse dalla ditta incaricata della custodia giudiziale.