SALENTO – Se sul sito dell’azienda di intermediazione immobiliare che conduce, la “Coral37”, avesse potuto descrivere il suo nuovo progetto in ebraico, avrebbe usato la parola “moshava”. Ma l’ha tradotta in inglese ed è diventata “israel colony” e in italiano, quindi, “colonia israeliana”, sortendo ragionevoli dubbi sull’intento – da lei stessa annunciato – di dare seguito a questo proposito qui nel Salento: costruire una “colonia israeliana”. Espressione che, scoppiata la polemica, le è costata disdette e minacce di morte, per le quali ha già sporto denuncia.
È direttamente Orit Lev Marom, imprenditrice immobiliare originaria di Tel Aviv ma da due anni residente a Lecce, a intervenire sulla polemica che ha investito uno dei suoi progetti immaginato in questo territorio. E questo perché la descrizione dell’idea in questione – pubblicata sul sito della società e adesso corretta – era originariamente questa: “una Colonia Israeliana nel Salento, una comunità agricola e turistica autosufficiente in cui le famiglie israeliane possano stabilirsi, coltivare il proprio cibo e sviluppare strutture educative e sanitarie condivise“.
“In realtà – spiega, ancora incredula per l’effetto sortito – io intendevo tutt’altro, ma la traduzione di Moshava e il fatto che di mezzo di fosse Israele, ha generato un grande equivoco“.
Equivoco che, si diceva, le è costato decine e decine di minacce di morte, insulti, richieste di disdette e rescissioni di contratti. Commenti e messaggi offensivi che sono stati portati all’attenzione della Procura per il tramite dell’avvocato Carlo Gervasi.
“Resta però l’amarezza – dice l’imprenditrice – considerato che l’intento politico affibbiato da più parti a questo progetto ha completamente fuorviato l’opinione pubblica”.