UGENTO – La Cassazione annulla parzialmente la sentenza del Tribunale di Lecce sul caso del consorzio Ugento Li Foggi. Al centro del procedimento la gestione di posidonia oceanica spiaggiata e il presunto deturpamento ambientale in un’area costiera protetta nel territorio di Ugento.
I giudici di legittimità hanno stabilito un principio chiave: il reato di deturpamento di bellezze naturali non si configura automaticamente, ma solo se è accertato un danno concreto e misurabile. Da qui il rinvio del fascicolo a un nuovo giudice monocratico, limitatamente a questa imputazione.
A processo erano finiti Vito Caputo, direttore generale, Alfredo Borzillo, commissario, Giuseppe Corti, direttore tecnico, Edoardo Lannocca, capo settore tecnico e RUP, e Silvia Palumbo, direttore dell’area tecnica.
I fatti risalgono al 2022. Secondo la Procura, gli imputati avrebbero occupato abusivamente un’area demaniale di 25 metri quadrati, depositando circa 80 metri cubi di posidonia mista a sabbia, proveniente dalle attività di dragaggio di un canale situato tra Torre Mozza e Torre San Giovanni.
Il Tribunale aveva condannato Caputo, Corti e Lannocca a 6.500 euro di ammenda ciascuno. Per Borzillo, l’ammenda era stata di 4.500 euro, con estinzione del reato di deturpamento tramite oblazione. Silvia Palumbo era stata assolta. Assoluzione ora definitiva.
La Cassazione ha confermato invece che la posidonia, se rimossa e accantonata senza trattamento in situ, è un rifiuto. E come tale, deve essere gestita secondo la normativa statale, che prevale su eventuali deroghe regionali.
Ora si torna in aula per valutare se vi sia stato davvero un danno paesaggistico, e soprattutto se il reato sia prescritto nel tempo.
