C’è voluto l’intervento del numero due nazionale del Pd, Igor Taruffi, per far riavvicinare i due litiganti eccellenti del partito in Puglia: Antonio Decaro e Michele Emiliano. Ma l’incontro – per quanto “cordiale e costruttivo”, per dirla col telegramma ufficiale del Nazareno – di fatto non ha sbloccato l’impasse. Da una parte l’ex sindaco di Bari ora europarlamentare, candidato governatore designato dal centrosinistra, non scioglie la riserva finché Emiliano e Nichi Vendola non rinunceranno a competere per un seggio in Consiglio regionale; dall’altra i due “pesi massimi” della scena politica non ci pensano proprio a farsi da parte. Emiliano reclama il rispetto di accordi precisi che lo volevano capolista Pd alle regionali, con un assessorato in caldo, in cambio della campagna elettorale pancia a terra pro Decaro. Ma il suo delfino ha cambiato idea: monologo regionali, e nessun comprimario a rubargli la scena, o non se ne fa nulla. Ma Emiliano non ci sta a parcheggiarsi in attesa di un seggio in Parlamento nel 2027. E neppure l’altro ex presidente della Regione Puglia, Vendola, pronto a correre con Avs, pensa a un passo di lato. “Non si rottama in casa d’altri, il problema è dei dem”, manda a dire. E aggiunge: “Sarebbe salutare chiudere quanto prima questa diatriba intestina e dedicarci a discutere del futuro dei pugliesi”.
Una brutta gatta da pelare per i vertici dem e per l’intera coalizione, e se la mediazione di Taruffi non dovesse bastare, sarà la stessa Schlein a farsene carico a inizio settembre, quando sarà in Puglia per la Festa regionale de l’Unità a Bisceglie.
Intanto, il centrodestra resta fermo sul nome dell’azzurro Mauro D’Attis come competitor di Decaro o, in caso di rinuncia, degli altri papabili Francesco Boccia e Loredana Capone. Una partita da giocare per voltare pagina, dopo vent’anni di governo del centrosinistra in Puglia.
