TARANTO – Il tempo stringe e la sabbia nella clessidra è quasi finita. Per il calcio tarantino, la prossima settimana sarà cruciale, forse la più importante da decenni: si decide se il pallone tornerà a rotolare o se Taranto resterà ferma ai box per un anno intero.
La situazione è paradossale: da una parte c’è ancora il Taranto FC 1927, formalmente in vita ma in liquidazione giudiziale e con oltre 600 mila euro di debiti sportivi; dall’altra, una città intera che merita ben più della semplice sopravvivenza. A gestire la società è il Curatore fallimentare che ha ricevuto l’autorizzazione a proseguire l’attività provvisoria per tentare di recuperare qualcosa per i creditori. Ma il tempo è quasi scaduto.
La FIGC ha detto chiaramente: se il debito sportivo verrà saldato, il Taranto sarà iscritto in Seconda Categoria. Un livello che, con tutto il rispetto, non basta a rappresentare una piazza come Taranto, pronta tra un anno a ospitare i Giochi del Mediterraneo. Se invece il debito non verrà saldato, la società sarà radiata. Sembra una sciagura, ma paradossalmente, potrebbe essere l’unica via per ripartire davvero.
Infatti, finché il Taranto FC 1927 è ancora formalmente esistente, la FIGC non può attivare l’articolo 52, comma 10, delle NOIF, che consente a una nuova società di raccogliere l’eredità sportiva e ripartire da una categoria più dignitosa, come l’Eccellenza. È come se un’ombra impedisse alla luce di filtrare: solo chiudendo il capitolo del vecchio Taranto si potrà aprire il prossimo.
Nel frattempo, l’intero movimento regionale è bloccato. Squadre come Mola, Manduria e Maglie aspettano il verdetto, pronte a essere ripescate. Ma tutto ruota intorno al destino del Taranto. Il presidente del Comitato Regionale, Vito Tisci, è stato chiaro: Eccellenza a 20 squadre se c’è il Taranto, altrimenti a 18. Senza chiarezza, la macchina organizzativa non può partire, e le polemiche sono dietro l’angolo.
In questo scenario sospeso, la cosa peggiore sarebbe restare nel mezzo, senza saldare i debiti ma nemmeno chiudere il club: un limbo che condannerebbe Taranto all’immobilismo e al silenzio. E per una città che vive di passione e colori, il silenzio del calcio sarebbe il peggior castigo.
Serve una decisione, chiara e tempestiva. Taranto deve tornare a giocare, e deve farlo in una categoria che rispetti la sua storia e il suo popolo. Che sia saldando i debiti o ripartendo con un nuovo soggetto sportivo, l’importante è evitare l’anno zero.
Il calcio a Taranto non può fermarsi. Ora più che mai, serve coraggio. Serve lucidità.
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