Una stanza chiusa, riservata, nel palazzo di città di Sannicola, lontana da occhi indiscreti. Un tavolo, due sedie, una videocamera nascosta. È qui che si consuma un meccanismo illecito per pilotare un concorso pubblico per la copertura di un posto di istruttore contabile. Uno dei 27 candidati, che aveva partecipato alla prova scritta tenutasi alcuni giorni prima all’hotel Tiziano di Lecce, viene fatto entrare nella stanza “criptata”. Si siede, riceve fogli da ricopiare, riceve istruzioni, persino correzioni. In religioso silenzio, copia su fogli protocollo il contenuto degli elaborati consegnati da Cosimo Piccione, vicesindaco ed ex sindaco del Comune.
Quando sbaglia, il materiale viene corretto, strappato, riscritto. Tutto documentato da ore di registrazioni audio e video. In alcuni fotogrammi si vede Piccione schioccare le dita, ordinare cancellature sussurrando: “Non si deve leggere quello che stai cancellando”. In altri, prende la penna e scarabocchia frasi da modificare. Una volta completata la copiatura, il foglio viene riposto in una cartellina gialla, pronto per essere reimmesso nella procedura ufficiale. E il candidato risulta vincitore.
Ma non finisce qui. Le telecamere documentano anche l’accesso anticipato ai 27 elaborati ufficiali del concorso, custoditi in buste sigillate nella cassaforte comunale. Quelle stesse buste, che sarebbero dovute essere aperte solo il 6 dicembre 2022, vengono manomesse diverse settimane prima. I candidati vengono selezionati, bocciati, giudicati prima ancora di sostenere la prova. Le frasi intercettate lasciano poco spazio ai dubbi: “Questo è da bocciare”, “Ne dobbiamo portare cinque all’orale”, “Fagli una sintesi, altrimenti non ci passa”.
Il sistema era collaudato. I candidati da promuovere sarebbero stati aiutati con materiale preparato in anticipo, corretto insieme a Piccione e successivamente riscritto a mano per simulare un’elaborazione genuina. Il disegno illecito era stato pensato per favorire una cerchia ristretta di persone vicine al vicesindaco, anche con legami familiari – come la compagna del figlio – poiché, seppur non vincitori diretti, lo scorrimento della graduatoria avrebbe garantito l’assunzione in altri Comuni vicini.
Le telecamere avrebbero ripreso Piccione che rientra nella stanza riservata, apre la cassaforte con all’interno la scatola con gli elaborati, prende una cartellina e se ne va. Dentro, secondo i pm, c’erano le prove d’esame. Per la procura di Lecce, quello messo in piedi da Piccione era un vero e proprio sistema di potere, fatto di concorsi truccati, appalti pilotati e voti di scambio. Una rete radicata, in cui il vicesindaco avrebbe deciso tutto: chi assumere, a chi affidare i lavori pubblici – dalla gara da 300mila euro per la velostazione, alla manutenzione del verde e alla pulizia delle strade – e a chi invece chiudere le porte. “Questa può passare, quelli col pallino si devono bocciare”, avrebbe detto Piccione.
In cambio, otteneva sostegno elettorale. E i numeri gli davano ragione: alle ultime amministrative aveva raccolto 1.200 voti su 3.600 elettori. “Io farò il vicesindaco tutti gli anni e nessuno può dirmi quello che devo fare”, si sente dire in un’intercettazione. Il giudice per le indagini preliminari parla di “funzionari posizionati ad arte” che garantivano a Piccione un “rapporto di fiducia indissolubile”.
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