TELERAMA – Benvenuti gentili e soprattutto curiosi lettori di TeleRama, al consueto appuntamento settimanale con Cineclub, dove i protagonisti assoluti sono le uscite più attese nel mondo del cinema.
Cominciamo le proposte di questi giorni, parlandovi di un lungometraggio che nell’ultimo mese ha fatto discutere tantissimo critica e pubblico oltreoceano: sotto la nostra lente The substance di Coralie Fargeat. L’opera è stata presentata alla scorsa edizione del festival del cinema di Cannes, divenendo però un caso mediatico solo recentemente con l’uscita nelle sale statunitensi. Il lavoro si presenta come un body-horror dai toni particolarmente grotteschi, che quindi saprà impressionare il suo pubblico con la forte componente gore. L’intreccio narrativo si compone lungo il personaggio di Elisabeth, un’attrice sulla cinquantina ed in declino che decide di sottoporsi ad una terapia sperimentale per ringiovanire. L’esperimento è un successo, ma non come lei si aspettava: infatti la sostanza introdotta permette la nascita di Sue, una versione più bella e giovane di lei con potersi sostituire all’occorrenza. La situazione di coesistenza delle due donne avrà un equilibrio delicato ma efficiente che però verrà disintegrato dal desiderio di libertà della nuova personalità della donna. La protagonista è interpretata da una stupenda Demi Moore, che in quest’analisi sull’ossessione per la bellezza ricorda a tutti il perché è una delle personalità più acclamate dello star system Hollywoodiano.
E adesso rimaniamo nel genere del macabro, ma abbassando considerevolmente i toni con il ritorno nelle sale del cult del 1974 Frankenstein jr di Mel Brooks. Sono passati 50 anni da quando il capolavoro con protagonista l’indimenticato Gene Wilder è uscito nelle sale, ed esattamente come allora è davvero impossibile riuscire a trattenere le risate durante la visione. Il lungometraggio è una reinterpretazione del romanzo fantascientifico firmato dalla scrittrice Mary Shelley. Esattamente come la sua controparte cartacea, l’opera racconta di come un professore abbia deciso di trascendere i limiti della mortalità, creando un moderno Prometeo con pezzi di cadaveri. Quindi se la trama di base rimane la stessa, nel film di Brooks però a prendere il sopravvento sono diverse situazioni comiche ed esilaranti. Sono tantissime le gag indimenticabili che il dottor Frankenstin ed il suo aiutante Aigor genereranno durante la loro ricerca alla formula della vita, facendo immergere lo spettatore in alcune delle battute più iconiche della storia del cinema. “Potrebbe essere peggio… potrebbe piovere!”, “É vivoooooo!” o “ Si può fare!” sono solo alcune delle tante frasi iconiche che il film ha regalato all’immaginario pop moderno.
E concludiamo con il ritorno nelle sale di uno dei più grandi e noti capolavori della settima arte, il cult drammatico C’era una volta in america di Sergio Leone. Datato 1984, il lavoro è stato anche l’ultimo lungometraggio firmato dal cineasta italiano. Ai tempi della sua uscita venne disprezzato da parte del pubblico, divenendo un cult solo con il tempo ed il passaparola, fino ad essere unanimemente considerato come uno dei più bei film della storia del cinema. Capitolo conclusivo della cosiddetta trilogia del tempo, ideologica classificazione che connette tramite il filo conduttore tematico del tempo le tre ultime pellicole dirette del regista, può vantare un cast di prim’ordine (Robert De Niro, James Woods, Jennifer Connelly, Joe Pesci e così via) ed interpretazioni degne del peso che quei nomi assumeranno nell’iconografia Hollywoodiana. La pellicola inizia con un capo della malavita che viene braccato da dei sicari che, dopo avergli fatto terra bruciata attorno, cercano la loro vittima finale. L’uomo però non è interessato a questa resa dei conti, ma al contrario decide di rifugiarsi in una fumeria di oppio, perdendosi nei suoi ricordi. É qui che il film si articola su più binari, mostrandoci il passato dell’uomo, i suoi legami e soprattutto gli eventi che l’ hanno portato a quel momento. Quello intessuto da Leone è un discorso sul valore del ricordo e del tempo, che ci viene raccontato con una tecnica formale di grandissimo spessore, tra ottime intuizioni registiche e grandissime composizioni del maestro Morricone che sono rimaste alla storia dell’umanità. Un capolavoro che seppur la “proibitiva” e “scoraggiante” durata complessiva di 251 minuti, non può essere ignorato da chi ama il cinema e soprattutto le grandi storie.
