LECCE – Dopo il primo ciclo di Chemio al “Fazzi” Francesco Sebastio, sottoufficiale 59enne della Marina militare di Taranto, era tornato a casa, salvo poi accusare forti dolori, febbre, tornare d’urgenza in ospedale a Lecce, finire in Rianumazione e morire lì. Tutto nel giro di tre settimane. Per far luce sulla sua morte, risalente al 20 gennaio dello scorso anno, la Procura aprì un fascicolo di inchiesta iscrivendo, come atto dovuto, 11 nomi nel registro degli indagati, tra camici bianchi e personale sanitario.
E adesso il pm Alessandro Prontera, titolare del fascicolo, chiede il rinvio a giudizio per cinque di loro, tutti medici che si sono occupati del caso. Più nel dettaglio su due, difesi dagli avvocati Gianluca D’Oria e Francesco De Jaco, pende l’accusa di lesioni colpose, derubricata rispetto a quella iniziale di omicidio colposo. Quest’ultima resta invece in piedi per gli altri tre indagati, difesi dagli avvocati Viola Messa e Giuseppe Dello Russo.
Sul corpo del sottoufficiale fu eseguita l’autopsia per chiarire cosa abbia cagionato la morte del paziente affetto da linfoma di Hodgkin e appurare se i trattamenti diagnostici e terapeutici siano stati adeguati alle sue esigenze.
Sono stati i familiari della vittima, moglie e fratello, a sporgere denuncia, nella convizione che la morte del 59enne poteva essere evitata.
Secondo quanto riportato nei capi di imputazione i medici che hanno preso in cura l’uomo avrebbero agito “con imprudenza e imperizia, non monitorando adeguatamente il quadro clinico pre-chemioterapico, cagionando un aggravamento della sua condizione di salute tale da metterlo in pericolo di vita”, fino ad arrivare al tragico epilogo.
L’udienza preliminare dinnanzi alla Gip Maria Francesca Mariano è fissata al 15 gennaio.