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Il “Pactus sceleris” degli oli esausti

SALENTO – Attività economiche lecite, con la capacità di penetrazione del tessuto economico sociale, con il fine di rimpolpare le casse del clan. È quanto accertati dalla guardia di finanza di Lecce che con l’operazione “Fuori Gioco” ha portato all’arresto di 25 persone. Tra le attività lecite remunerative vi era quello dello smaltimento degli oli esausti. Un pactum sceleris, ovvero, un accordo di reato, quello che sarebbe stato stipulato il 4 settembre del 2020 presso un ristorante di Porto Cesareo, tra Francesco Cosimo Barone, 53enne di Matino, amministratore della ditta Barone Srl con sede a Matino, Pietro Soleti, già condannato per il 416 bis, Antonio Diviggiano, 32 anni, di Torre Santa Susanna, e Antonio Caliandro, 44 anni, di San Donaci, per l’attività di raccolta dei rifiuti che, avviata presso i clienti della provincia di Brindisi, si sarebbe poi estesa verso ambiti territoriali sempre più ampi, e quindi anche nel leccese. Per la magistratura l’imprenditore si avvaleva della forza intimidatoria dell’organizzazione mafiosa nello svolgimento dell’attività economica a svantaggio delle altre aziende sue concorrenti, di riflesso il clan perseguiva i propri interessi per realizzare profitti. In particolare, l’accordo commerciale che gli stessi indagati definivano Società prevedeva all’interno dell’organizzazione la presenza di Antonio Diviggiano, figlio di Salvatore, condannato per associazione mafiosa per essere legato al clan “Bruno” operativo su Torre Santa Susanna e comuni limitrofi, che aveva il compito di cercare nuovi clienti, magari sottraendoli alle ditte concorrenti alle quali erano contrattualmente legati, e di Caliandro, il quale provvedeva alla materiale raccolta dell’olio esausto utilizzando i furgoni fornitigli da Barone. Entrambi erano formalmente assunti dalla Barone Srl e percepivano uno stipendio, mentre Pietro Soleti e Vitantonio D’Errico ricevevano somme di denaro accreditate sul conto corrente di Caliandro, su disposizione di Francesco Barone. L’imprenditore, per esigenze di profitto, avrebbe messo nelle mani dell’associazione mafiosa l’operatività stessa della propria impresa, tanto da essere – come contestato dal pm – concorrente esterno del gruppo criminale. Nel leccese Barone si sarebbe fatto aiutare nell’impresa da altri due indagati: Andrea Podo, ritenuto referente del clan di Marco Penza, che avrebbe promosso l’espansione delle attività di raccolta dei rifiuti in provincia, ma anche a Milano e dintorni, e Carlo Squittino, punto di riferimento su Castro e zone limitrofe. Intanto si attendono gli interrogatori di garanzia che dovrebbero iniziare lunedì. Gli indagati compariranno dinanzi al gip Angelo Zizzari e fornire la propria versione dei fatti.

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