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Operazione “Fortezza” su mafia, droga e armi: in 40 davanti al Gup

CASARANO – Avrebbero militato in due clan rivali che tra Casarano e dintorni si contendevano le piazze dello spaccio.

Alle 9.30 di questa mattina nell’aula bunker di Borgo San Nicola compariranno davanti al Gup Angelo Zizzari i 40 indagati nell’ambito dell’Operazione “Fortezza” che, al culmine delle indagini dei carabinieri, è confluita nell’arresto di 13 persone per droga, armi e associazione di stampo mafioso.

L’operazione, portata a termine dai carabinieri con il coordinamento di Procura e Direzione Distrettuale Antimafia, arrivò a pochi giorni dall’omicidio di Antonio Amin Afendi. Non è un caso che tra gli indagati comparisse anche il nome del 33enne ucciso in pieno giorno in strada a Casarano con tre colpi di revolver “per motivi personali”, stando a quanto dichiarato dal reo confesso Lucio Sarcinella.

Motivi personali che, però, non hanno convinto del tutto la Procura che ha bollato le motivazioni addotte dal presunto assassino come “generiche e poco circostanziate”.

Tanto più perchè l’omicidio “è maturato in un contesto di elevata consistenza criminale – scrisse la sostituta procuratrice della DDA, Capano – contesto nel quale Lucio Sarcinella era pienamente inserito” precisò.

L’accelerata impressa alle indagini il 7 marzo scorso è culminata in un blitz.

Partendo da un’aggressione subita da un soggetto interno alle dinamiche associative nel 2020, gli inquirenti a Casarano avrebbero cristallizzato una sanguinaria lotta in atto tra due gruppi criminali contrapposti, frutto della scissione un unico clan scu: quello capitanato, un tempo, in tandem da Augustino Potenza e Tommaso Montedoro, prima amici e soci in affari e poi rivali.

Stando alle carte dell’inchiesta alla morte di Potenza (assassinato nel parcheggio di un supermercato nel 2016) sarebbe stato proprio Amin Afendi a ereditare il ruolo di capoclan. Dall’altra parte c’era invece il 32enne casaranerese Ivan Caraccio, già coivolto nell’operazione “Diarchia” che mise in luce proprio la riorganizzazione del sodalizio mafioso diretto da Montedoro.

L’indagine e gli arresti scattati con l’operazione “Fortezza” rappresenterebbero dunque l’ennesima conferma di un assetto criminale fortemente scisso e bellicoso, una potenziale bomba pronta ad esplodere da un momento all’altro e che l’Antimafia, invece, si è affrettata a disinnescare. E in quaranta adesso rischiano il processo.

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