“Ci sono 395 detenuti su una capienza di 294, quindi c’è un tasso di sovraffollamento significativo”. Il vice ministro della giustizia Francesco Paolo Sisto tira le somme della lunga visita effettuata oggi nel carcere di Bari e dell’incontro con detenuti, dirigenti, operatori e sindacati di polizia penitenziaria. Evidenzia un dato positivo: il rapporto di rispetto e fiducia fra detenuti e agenti penitenziari, al netto di episodi isolati come quelli del 17 agosto scorso, con un infermiere preso in ostaggio e un poliziotto aggredito ad opera di un detenuto con problemi psichiatrici, poi trasferito.
Il problema più grave – sottolinea Sisto – è proprio la sanità. Non solo la grave insufficienza di posti Rems, le residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza che hanno preso il posto degli ospedali psichiatrici giudiziari, per le quali ci sono infinite liste d’attesa, ma anche la carenza di personale sanitario: “Una sanità inefficiente, è come se l’articolo 32 qui dentro non valesse. La Regione ha le sue responsabilità, bisogna intervenire pesantemente, c’è qualcuno che ha chiesto di essere visitato e aspetta 4 mesi perché qualcuno se ne possa occupare”.
Nel carcere di Bari i medici sono 13 su 14, ma mancano dieci infermieri e gli oss. Sotto organico anche gli agenti penitenziari. Nell’ambito del piano nazionale che prevede l’assunzione di quasi 4mila nuovi poliziotti carcerari, alla casa circondariale di Bari dovrebbe spettarne una cinquantina. “Questo significherà, per esempio – evidenzia Sisto – raddoppiare i numeri nella custodia notturna, perché noi abbiamo adesso un agente che si occupa di quattro piani”.
Grave anche la carenza di spazi per le attività trattamentali, con una sola aula per le attività didattiche e ambienti angusti e degradati. Ma la risposta al sovraffollamento delle carceri – precisa il vice ministro – non può essere il liberi tutti: “Noi siamo contrari a amnistie e indulti, perché provocano recidiva: se esci dal carcere perché non c’è posto, tornerai a delinquere senza un percorso rieducativo”.
Da qui l’impegno del Governo ad incrementare il numero dei giudici di sorveglianza, per valutare percorsi alternativi alla pena.