TELERAMA – Benvenuti gentili e soprattutto curiosi lettori di Telerama, al consueto appuntamento settimanale con Cineclub, dove i protagonisti assoluti sono le uscite più attese nel mondo dell’audiovisivo.
Cominciamo il nostro itinerario nelle proposte più chiacchierate di questi giorni con Harry potter e il prigioniero di Azkaban di Alfonso Cuarón. Parlare di questo film è difficile, in quanto uno dei capitoli più memorabili e celebrati della saga del maghetto più amato del mondo. Questa terza avventura nel wizarding world, datata 2004, cambia completamente le atmosfere e il modo in cui viene raccontato l’universo di Harry, qui più gotico, oscuro e tenebroso, ma allo stesso più realistico ed emotivamente vicino agli spettatori. Dopo l’ottimo lavoro di Chris Columbus, regista dei primi due film che furono un successo enorme, sia di pubblico sia di botteghino, era difficile aspettarsi che qualcuno fosse capace di raggiungere gli stessi risultati o che addirittura potesse fare meglio. Questo è stato il caso di Cuarón, cineasta che ha ridefinito anche la geografia dei luoghi delle vicende, avvicinandole maggiormente alle idee della Rowling stessa. In questo terzo capitolo, unico in cui la nemesi di Harry “Voldemort” non ha un ruolo di primo piano negli avvenimenti, la minaccia principale alla vita del ragazzo è Sirius Black, ex migliore amico del padre che ha venduto la sua lealtà a Voldemort e che cerca di uccidere il giovane. O almeno questo è ciò che sembra…ma come in ogni racconto del maghetto la trama si infittirà sino a quando la verità non verrà drammaticamente a galla. Dalla maestosa regia, all’ispirata ed eccentrica colonna sonora composta dal re dei sognatori John Williams, alle stupende ed iconiche interpretazioni di tutti i membri del cast, questa è l’avventura giusta per chi volesse avvicinarsi al mondo del maghetto, scoprendo un mondo si magico, ma pieno di chiaroscuri e contraddizioni che lo rendono ingiusto e ricco di dolore, esattamente come il nostro.
Passiamo da una Hogwarts oscura ad una soleggiata New York piena di ragnatele con il cult supereroistico degli anni 2000′ che ha segnato il cinema moderno, ponendosi come simbolo guida per tutti i film successivi del genere, ovvero: Spider-man 2 di Sam Raimi, tornato in tutta la sua pomposità fumettistica sul grande schermo per assistere il grande pubblico durante le afose serate estive. Dopo il successo del primo film del 2002, Sam Raimi ha realizzato l’impossibile, riuscendo a donare al pubblico un’opera capace di smentire una delle regole auree del cinema, ovvero che il film originale non può essere superato in termini qualitativi. Nella settima arte è un caso molto raro, ma il sequel perfetto esiste e Spider-man 2 è forse uno degli esempi più comunemente noti. Se nella prima pellicola avevamo potuto assistere alla nascita di un supereroe, imparando il valore dei superpoteri con un Peter Parker adolescente e soprattutto le enormi responsabilità che ne sono conseguite, qui nella sua seconda grande battaglia per proteggere New York impariamo che i veri superpoteri sono altri e che non solo vengono da dentro ognuno di noi, ma che bisogna coltivarli ogni giorno, con le persone che si amano. Infatti il nostro eroe perde i suoi poteri all’inizio della pellicola a causa di un grande stress emotivo che l’accompagna, imparando che i due mondi possono coesistere ma che dipende tutto dal suo modo di vivere le cose. Da menzionare l’iconica interpretazione dell’antagonista Doc Ock da parte dell’attore britannico Alfred Molina, che con questo ruolo ha consacrato il personaggio come tra i migliori villain della storia del cinema. Un ritorno imperdibile, anche per chi non fosse un amante del genere di riferimento, grazie ad una regia fumettistica ed ispirata che regala più di una scena mozzafiato ed al cardiopalma, la magistrale colonna sonora composta da Danny Elfman che dona a questo Spider-man cinematografico un tono di epicità inimitabile e un super cast composto da volti amatissimi dal pubblico come Tobey Maguire, Kirsten Dunst, James Franco, J.K. Simmons e Alfred Molina.
Concludiamo i nostri consigli settimanali con un salto nella Milano degli Anni di Piombo con Sbatti il mostro in prima pagina di Marco Bellocchio. Questo dramma poliziesco che racconta di come un grosso giornale possa manipolare l’opinione pubblica, influenzando con delle strumentalizzazioni il parere dell’elettorato, ai tempi fu per lo più ostracizzato dalla critica, soprattutto per il suo essere particolarmente didascalico ma privo di un mordente tale da giustificarlo, risultando di parte, incoerente e pieno di buone idee sfortunatamente solo abbozzate. La pellicola di Bellocchio è senz’altro una delle sua opere meno influenti, ma ciò non vuol dire che sia priva di fascino o qualità che possano motivarne la visione. Il cineasta regala allo spettatore uno spaccato dell’Italia, descrivendo con una precisione quasi documentaristica la Milano degli anni di Piombo. In questo contesto il capo redattore di un giornale fittizio di estrema destra, interpretato dal sempre superbo Gian Maria Volontè, decide di strumentalizzare la colpevolezza di un ragazzo di sinistra che sembrerebbe essersi macchiato di un brutale omicidio. Dopo aver trasformato il ragazzo in un mostro, un capro espiatorio emblema dei mali umani, il redattore scopre che il colpevole è un altro, ma pur di non influenzare negativamente le future elezioni decide di tenersi per sé la notizia e di sfruttarla magari in un futuro in cui potrebbe essergli utile. Stampa, politica e forze dell’ordine passano per l’occhio inquisitore di Bellocchio, che sfortunatamente non riesce a tessere un discorso appassionante e coerente, ma che comunque mostra una certa lungimiranza nell’affrontare la tematica inerente allo sfruttamento utilitaristico dell’informazione e più specificatamente della notizia, nella modernità non più finalizzata a dare una pluralità di spunti positivi da cui il pubblico può consapevolmente attingere ma al bieco guadagno personale che la notizia frutta nel contesto di riferimento.
DAVIDE PAGLIARO