NARDÒ – Prima che sia troppo tardi, prima che il danno in termini di impatto ambientale diventi irreparabile, alla Regione Puglia arriva la richiesta di sospendere i lavori di ampliamento della pista Porsche di Nardò, per i quali la stessa Regione ha sottoscritto un accordo di programma il 29 agosto dello scorso anno.
Ad avanzare la richiesta, nero su bianco, sono tre associazioni operanti sul territorio: Italia Nostra – Sezione Sud Salento, il Comitato Custodi del bosco di Arneo e il Gruppo di Intervento Giuridico.
I dubbi su quanto previsto dal progetto ve li abbiamo illustrati nei mesi scorsi, a partire dai primi espropri dei terreni interessati dal progetto fino ad arrivare alla firma istituzionale dell’accordo.
Il caso della pista Porsche di Nardò nei giorni scorsi è diventato un tema anche per la stampa e la politica tedesca. E l’accusa più dura è stata mossa proprio da lì: con il sacrificio necessario di 200 ettari del bosco d’Arneo, ultimo residuo di una foresta secolare, il Gruppo Volkswagen (di cui Porsche fa parte) – è stato detto – tradisce una missione che ha sempre definito, invece, prioritaria: la sostenibilità di ogni suo intervento.
Le organizzazioni locali – nell’istanza indirizzata alla Regione – riassumono le puntate precedenti della battaglia, puntando il dito su un iter che è proseguito senza alcun ascolto del territorio, dei portatori di interessi, senza alcun preventivo dibattito pubblico e, aspetto ancor più grave, in assenza di una rigorosa valutazione delle soluzioni alternative. Lacuna, quest’ultima, segnalata da Italia Nostra alla Commissione Europea che – spiega l’associazione – si è attivata proprio per la valutare la sussistenza dei presupposti della procedura di deroga attuata. Oltre a questo l’associazione ha anche presentato ricorso al Tar.
Intanto il risultato di ciò che avverrà di qui a poco è nei numeri: ad essere sradicati saranno 1 milione di fusti ed oltre 100.000 ceppaie.
Poiché il codice per l’ambiente lo prevede in casi come questi – ossia di impatti ambientali negativi – la richiesta delle associazioni è chiara: i lavori devono essere stoppati, “la Regione – si legge – adotti ogni eventuale e conseguente provvedimento anche al fine di evitare imminenti ed irreparabili pregiudizi”.
Non solo l’ambiente. Per il progetto di ampliamento della pista neretina – val la pena ricordarlo – sono tanti, ancora, gli aspetti oscuri, che nessuno ad oggi ha inteso chiarire. Come il famigerato “pubblico interesse”, giustificato con la costruzione, nell’area di intervento, di un Centro di Soccorso attrezzato con Eliporto e un centro di sicurezza antincendio. Servizi utili? Sì, ma in una collocazione geografica che sì fa fatica a definire realmente strategica per il territorio.