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Omicidio ex carabiniere: ergastolo con isolamento diurno per Aportone

LECCE – Ergastolo con isolamento diurno per un anno. Culmina in questa dura sentenza il processo in primo grado a carico di Michele Aportone, 72 anni di San Donaci, unico imputato per l’assassinio di Silvano Nestola, 45enne di Copertino, carabiniere in quiescenza, freddato mentre la sera del 3 maggio 2021 usciva da casa della sorella insieme al figlioletto di 12 anni, rimasto fortunatamente illeso.
Le indagini, condotte a tambur battente dai militari del nucleo investigativo del Comando Provinciale di Lecce, dopo cinque mesi (era il 29 ottobre) confluirono nell’arresto di Michele Aportone, padre di Elisabetta, con cui il povero Silvano aveva una storia fortemente osteggiata dai genitori di lei.
Secondo le indagini, coordinate dai Pm Guglielmi e Santacatterina e dal Procuratore De Castris, sarebbe stata quella relazione a spingere il 72enne, la sera del 3 maggio, ad attendere l’uomo frequentato dalla figlia nascosto dietro ad una siepe, per poi freddarlo con un fucile da caccia.
Correndo incontro al suo assassino, che gli scaricava addosso quattro cartucce, Silvano salvò la vita al figlio.
Le immagini delle telecamere di videosorveglianza, gli ascolti di amici e familiari della vittima e poi le intercettazioni e osservazioni dei militari hanno ricostruito cosa accadde quella tragica notte e perché: dal tragitto percorso da Aportone per raggiungere la vittima(prima con un camioncino e poi con uno scooter), ai tentativi dell’imputato di eliminare le prove, ai retroscena precedenti all’assassinio, come il GPS installato da Aportone sull’auto della figlia Elisabetta, per monitorarne gli spostamenti ed eventuali incontri con Silvano.
Tutto ha portato a lui: Michele Aportone, per il quale il Pm Santacatterina ha invocato l’ergastolo, sottolineando – davanti alla Corte d’Assise presieduta dal Giudice Baffa – l’efferatezza dell’omicidio, contestandone anche la premeditazione e i motivi futili e abietti.
Il legale difensore dell’imputato, l’avvocato Francesca Conte, ne ha sempre sostenuto l’innocenza, parlando di “processo indiziario senza alcuna prova – ha detto – un processo che confonde un padre preoccupato per la figlia fragile, che ha già tentato il suicidio, per un assassino”. Ecco perché la difesa, una volta lette le motivazioni della sentenza, valuterà il ricorso in appello.

Erica Fiore

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