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Omicidio Nestola, la difesa di Aportone: si scambia un padre premuroso per un assassino

COPERTINO – “Siamo al culmine di un processo basato su congetture e senza nessuna prova, in cui si è scelto di indagare solo sulla famiglia Aportone, confondendo due genitori preoccupati per una figlia notoriamente fragile con l’istigatrice e l’esecutore di un omicidio“. È così che l’avvocato Francesca Conte, in aula bunker del carcere di Lecce, in mattinata ha aperto una lunga arringa difensiva per invocare l’assoluzione del suo assistito, Michele Aportone, unico imputato per l’omicidio dell’ex carabiniere di Copertino Silvano Nestola, il 3 maggio di due anni fa.

Nella precedente udienza, sempre dinnanzi alla Corte d’Assise presieduta dal giudice Pietro Baffa, il pubblico Ministero Santacatterina per Aportone aveva invocato l’ergastolo. Secondo l’impianto accusatorio l’uomo – padre di Elisabetta, con cui il povero Nestola aveva una relazione – non avrebbe mai accettato quel rapporto amoroso, che aveva compromesso il matrimonio della figlia, tra l’altro pischicamente fragile e con un tentato suicidio alle spalle.

Per questo il giorno dell’assassinio – stando alla ricostruzione dei carabinieri – Aportone avrebbe atteso Silvano all’uscita di casa della sorella, dove era andato a cenare con il figlioletto, per poi freddarlo a colpi di fucile.

Per il difensore dell’uomo, però, è stato solo individuato il “colpevole perfetto, senza alcuna prova che lo incastrasse realmente, senza aver mai trovato l’arma del delitto – ha incalzato – senza aver mai riflettuto sull’incapacità fisica di Aportone di sollevare pesi come uno scooter e un fucile, entrambi elementi focali per la ricostruzione di quel tragico giorno“.

E allora come inquadrare l’atteggiamento dei genitori nei confronti di Elisabetta, considerato ossessivo dall’accusa, tanto da ritenerlo una prova di colpevolezza?

Come la reazione di due genitori preoccupati per una figlia che ha sempre negato di avere un disturbo, rifiutato le cure e meditato di togliersi la vita più volte“. Da qui, secondo la difesa, le suppliche della madre verso Nestola (“lascia in pace mia figlia” gli ha detto) e poi il gps che il padre aveva installato sull’auto di Elisabetta per monitorarne gli spostamenti.

I familiari della vittima, il figlioletto che era con lui il giorno dell’agguato e la ex moglie sono rappresentati, in qualità di parte civile dagli avvocati Vincenzo Maggiulli, Enrico Cimmino,Maria Luisa Avellis e Gaetano Vitale. Al di là del risarcimento danni invocato, hanno tutti auspicato che si confermi la piena colpevolezza di Michele Aportone, oltre alle aggravanti della premeditazione e dei motivi futili e abietti. Il suo difensore, invece, ne ha invocato l’assoluzione, chiedendo un’ulteriore perizia per verificare la compatibilità del suo assistito con il regime carcerario.

E.FIO

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