OTRANTO – L’udienza preliminare è quella nata dall’inchiesta Hydruntiade, dall’omonima operazione che ha scatenato il terremoto giudiziario su presunti intrecci tra politica e imprenditoria a Otranto, con ipotesi di reato quali corruzione e voto di scambio.
Sono stati ammessi come parti civili la Regione, la Provincia di Lecce e il Comune di Otranto. Chiesto il rinvio a giudizio per tutti i 60 imputati, tranne che per Iolanda Belmonte e Patrizia Ricci, per le quali è stato chiesto il proscioglimento, per l’ex dirigente del Comune di Otranto, emanuele Maggiulli, per il quale solo per un capo d’accusa è stato chiesto il non luogo a procedere, e per un altro allora dirigente comunale, Giuseppe Tondo, la cui posizione è stata stralciata e per il quale è stata fissata una nuova data per l’udienza preliminare.
Tra gli imputati spiccano i fratelli Pierpaolo e Luciano Cariddi, entrambi già sindaci di Otranto, che hanno voluto scrivere delle dichiarazioni spontanee recapitate dai loro legali, rispettivamente Gianluca D’Oria con Alessandro Dellorusso, e Viola Messa con Michele Laforgia, alla giudice per l’udienza preliminare Alessandra Sermarini.
“Non siamo terroristi e non abbiamo fatto mai male a nessuno -scrivono- Ribadiamo, con forza, di non aver mai commesso alcun illecito e di avere sempre agito nel rispetto della legge e nell’interesse dei cittadini” è in sostanza il contenuto.
Si torna il aula, quella bunker di Borgo San Nicola, il 5 maggio.
La lettera integrale:
Siamo sottoposti da più di sette mesi a misure restrittive della nostra libertà personale. Abbiamo subito oltre tre mesi di custodia cautelare in carcere, altri due mesi e mezzo agli arresti domiciliari, con divieto assoluto di comunicare con l’esterno, e siamo tuttora esiliati dalla nostra città, Otranto. Ci è stato persino negato di raggiungere il nostro luogo di lavoro e di poter mantenere le nostre famiglie. Per una parte della magistratura leccese siamo così pericolosi da non poter mettere piede nel nostro Comune di residenza.
Eppure, non siamo terroristi e non abbiamo fatto mai male a nessuno. Il delitto per il quale siamo puniti anticipatamente è quello di aver preso parte alla vita pubblica di Otranto, la nostra colpa è di essere stati scelti, dai cittadini, come Sindaci. Nei provvedimenti giudiziari è scritto che per questo avremmo promosso, costituito e organizzato una associazione per delinquere e commesso una lunga serie di reati contro la pubblica amministrazione. Per i Pubblici Ministeri (Elsa Valeria Mignone e Giorgia Villa, ndr) avremmo coltivato interessi privati e non quelli della collettività. Lo dicono dopo averci sottoposto a una lunghissima indagine, esaminato centinaia di atti amministrativi e ascoltato tutte le nostre conversazioni, ma senza contestarci neppure un euro di “tangente”. In questi anni noi non ci siamo arricchiti, mentre Otranto è diventata una città più bella e più ricca. Lo riconoscono tutti, anche i nostri avversari politici.
Ribadiamo, con forza, di non aver mai commesso alcun illecito e di avere sempre agito nel rispetto della legge e nell’interesse dei cittadini. Sappiamo che la nostra ostinazione nel professarci innocenti suona oltraggiosa per chi ci accusa con tanta veemenza, ma anche se oggi la nostra voce è flebile e inascoltata, siamo certi che nel processo emergerà l’infondatezza di tutte le imputazioni. Perché la verità è più forte di qualsiasi potere.
È dunque proprio per il rispetto che si deve alla funzione giudiziaria che abbiamo chiesto ai nostri difensori di superare rapidamente la fase dell’udienza preliminare – in cui la nostra posizione dovrebbe essere discussa per prima e in un’unica udienza, contro ogni logica – per essere giudicati al più presto, nel pieno contraddittorio delle parti, davanti a un giudice terzo e imparziale. Per poter provare, finalmente in posizione di parità con i nostri accusatori, che i fatti che ci vengono addebitati non sussistono. Nella speranza di poterlo fare, finalmente, da uomini liberi.