LECCE – “Non è uno scherzo”. Tengono a sottolinearlo gli operatori del 118. È un giorno qualsiasi di questo inizio luglio di impennata di contagi Covid e di caos al pronto soccorso del Vito Fazzi di Lecce.
Ed è qui che siamo, dietro alla centrale operativa del 118, nella zona “filtro” adibita alla svestizione degli operatori dagli indumenti potenzialmente infetti.
In questo caso, avevano appena trasportato un paziente Covid colpito da crisi respiratoria. Il viaggio è durato circa mezz’ora, da un paese in provincia fino al capoluogo che ospita, al fazzi appunto, l’unico pronto soccorso Covid. 
Abbiamo già documentato le file di ore delle ambulanze, a causa del pronto soccorso saturo e con poco personale. Nel caso di questo paziente, l’attesa è durata un paio d’ore. A bordo, oltre allo stesso paziente, c’erano un infermiere, un autista e un soccorritore. All’esterno c’erano quasi 40°, all’interno del mezzo c’è l’aria condizionata, ma per chi indossa la tuta protettiva non cambia nulla.
Dopo aver finalmente ospedalizzato il paziente, ogni operatore toglie, nell’ordine, il casco, la tuta, i calzari, le due o tre paia di guanti che indossa, una mascherina chirurgica, una mascherina FFP2.
Questo il sudore che si è accumulato in meno di tre ore.
Gli operatori vogliono lanciare un messaggio ai cittadini, chiedendo che alzino la guardia per limitare i contagi. “I problemi della sanità e, in particolare del pronto soccorso, li conosciamo -dicono- possiamo aiutarci tutti essendo più prudenti”.
