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Pestaggi e minacce di morte: così si tagliavano fuori gli “infami”

NARDÒ – Il collaboratore di Giustizia Cosimo Spano, in un interrogatorio del novembre 2019, agli inquirenti rende il quadro ancora più nitido: da quando nel 2006 Roberto Longo è tornato in libertà – riferisce – gestisce il traffico di sostanze stupefacenti, gioco d’azzardo (macao) e le discoteche,  il parcheggio di una in particolare, corrispondendo parte dei guadagni a Pippi Durante (condannato all’ergastolo).

Ed ecco che il vertice dell’organizzazione criminale, sgominata dalla polizia nelle scorse ore, è subito svelato. Longo altro non era che la longa mano di Durante.

Che l’associazione avesse il potere di far allontanare chiunque gli pestasse i piedi a Nardò, con tanto di minacce di morte, lo si evince dalle conversazione intrattenute da Roberto Giammarruto, Braccio destro del presunto capo clan Longo.

Sono uscito e l’ho binchiatu, vattene schifoso, poi è caduto a terra – riferisce, a proposito di un pestaggio, in una telefonata – vi devo scannare, ti devo dare tanti di quei pugni, non mi devi parlare proprio schifoso“.

E poi in un’altra conversazione ancora dice: “mò se non ha capito che se ne deve andare da Nardò, è inutile che lui fa il mafioso con gli altri. Che io a Nardò non temo proprio nessuno – incalza – che io sono cresciuto qui. Brutto infame – riferisce di aver detto poi all’intralcio di turno – poi tiriamo i conti io e te in mezzo ad una campagna. Sai perché non ti sto spaccando? Perchè gli ho detto che non ti tocco, ma tanto il giorno tuo è iniziato“.

Nelle carte dell’inchiesta la forza intimidatrice del sodalizio è uno dei focus principali: a Nardò chiunque operasse senza chiedere l’autorizzazione e senza corrispondere una percentuale di introiti, era ribattezzato “un infame“. Una volta individuato, ogni sforzo degli affiliati era a teso a metterlo fuori gioco, con minacce, botte, vere e proprie persecuzioni.

E.FIO

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