BRINDISI\TARANTO – Come per il passato il core business della criminalità brindisina – sia essa comune o organizzata – continua ad essere rappresentato dal traffico di sostanze stupefacenti, la cui gestione rappresenta la principale forma di finanziamento per le molteplici compagini criminali del Brindisino e per le altrettante numerose neoaggregazioni delinquenziali in ascesa.
Queste ultime – si legge nella relazione Dia – sebbene appaiano ancora carenti di una precisa strategia criminale, agiscono replicando i modelli della Sacra Corona Unita.
Dalle evidenze giudiziarie raccolte nel semestre in esame, emergono poi crescenti collegamenti con il Paese delle Aquile, che grazie alla vicinanza geografica viene privilegiato per l’approvvigionamento di grossi carichi di droga.
Non è un caso che risulti confermato il ruolo strategico del porto di Brindisi per gli scambi illegali non solo con l’area balcanica ma anche con la Grecia, la Turchia ed il bacino orientale del Mediterraneo per quanto attiene l’introduzione nel territorio italiano sia di sostanze stupefacenti, sia di prodotti di contrabbando contraffatti commercializzati come “made in Italy” e destinati al mercato comunitario.
A nord della provincia si evidenziano poi segnali di una forte influenza di clan baresi, soprattutto nei reati inerenti agli stupefacenti.
Le organizzazioni criminali autoctone, intanto, continuano a dimostrare particolare efferatezza nella commissione dei reati contro il patrimonio, in particolare nei furti di mezzi agricoli e autoveicoli.
Molto diverso è il quadro del panorama criminale della provincia di Taranto, che continua a presentarsi disomogeneo anche per la presenza di una pluralità di consorterie che si spartiscono e si suddividono il territorio
in uno stato di latente conflittualità.
Proprio la mancanza di controllo da parte di sodalizi “struttura-
ti” e la lunga detenzione dei boss storici, avrebbe determinato il proliferare di piccoli gruppi, dediti alla commissione di eventi delittuosi come ferimenti o danneggiamenti che, oltre alla spregiudicatezza, mettono in evidenza anche una cospicua disponibilità di armi. A ciò si aggiungono gli episodi incendiari a danno di “pesci” piccoli, ma anche di imprenditori e commercianti, lasciando presagire un aumento di fenomeni di tipo estorsivo.
Un passaggio cruciale della relazione fa poi riferimento ad una crisi economica senza precedenti per il tessuto produttivo tarantino, dove la malavita ha saputo insinuarsi con offerte di facile guadagno rivolte soprattutto ai giovani.
Droga e contrabbando di idrocarburi restano i punti forti del business mafioso locale. Non mancano però anche le aspirazioni imprenditoriali, che trovano ulteriore conferma nelle misure preventive che la Prefettura del capoluogo ionico ha adottato nei confronti di imprese condizionate da capi clan.