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Eolico in mare, Comuni al contrattacco. Ecco le osservazioni

SALENTO- Oltre ad essere a ridotto di un Sito di importanza comunitaria, il vasto specchio acqueo da 23 milioni di metri quadri, in cui è progettata l’installazione di 90 pale eoliche tra Otranto e Leuca, ricade in un’area EBSAs, classificata nel 2014 a livello europeo come significativa dal punto di vista ecologico e biologico. Ciò impone di “inserire nello studio di impatto ambientale connesso al procedimento di Via tutte le analisi e valutazioni necessarie a definire con esattezza gli impatti che la costruzione ed il funzionamento” dell’impianto eolico offshore “porteranno sull’area ai fini della permanenza di tutti i parametri che hanno consentito l’inclusione” della stessa tra quelle di grande pregio.

E’ uno dei punti fondamentali delle osservazioni che, venerdì sera, il Parco Otranto-Leuca, assieme ai Comuni, ha protocollato al Ministero della Transizione ecologica. Il termine ultimo per presentarle è il 10 marzo, ma si è deciso di fare anche prima. Nella seduta del 4 marzo scorso, nella sala consiliare di Andrano, erano presenti dodici Comuni su tredici e il rappresentante della Provincia di Lecce, oltre al presidente del Comitato esecutivo del Parco, Nicola Panico.

Si chiedono studi e monitoraggi più approfonditi e sistematici rispetto a quelli prodotti da Odra Energia e presentati in questa fase di scoping, facoltativa e preliminare a quella di valutazione di impatto ambientale. E si chiede anche di valutare gli effetti cumulativi con attività in opera nelle aree circostanti. Le stesse multinazionali Falck Renewables e BlueFloat Energy, va ricordato, hanno presentato il progetto di un altro impianto gemello poco più in là, lungo la stessa linea di costa, nel tratto tra Brindisi e San Cataldo di Lecce, dove insistono anche altri progetti differenti, sempre di eolico in mare.

La relazione del comitato esecutivo del Parco va a fondo e contesta, ad esempio, anche la mancata menzione di quel tratto di mare tra quelli di “elevata valenza naturalistica per alta densità di specie e habitat protetti” all’interno del Piano di gestione dello spazio marittimo italiano “Area marittima adriatica”, esortando ad un approfondimento delle motivazioni visto che la relativa procedura è ancora in corso dinanzi al Ministero delle Infrastrutture.
La convinzione è che quella zona deve diventare un’area marina protetta e non una centrale energetica e anche le esigenze di transizione ecologica, ancora più urgenti dinanzi al conflitto russo-ucraino, devono tenere in debito conto gli altri interessi pubblici in gioco. Ecco, dunque, che si parla di “contraddittorietà manifesta” tra l’esigenza di tutelare quel tratto di mare con tutti gli sforzi proferiti negli ultimi decenni e la possibilità che proprio lì sorga “un’opera di enormi dimensioni, che per il suo devastante impatto” ha “la capacità di svilire le stesse attitudini naturali del territorio”.

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