Attualità

Balneari, ok alla riforma: concessioni a gara nel 2024

ROMA- Dal primo gennaio 2024, le spiagge italiane saranno messe a gara: nel pomeriggio il Consiglio dei ministri ha dato il via libera all’unanimità agli emendamenti al ddl concorrenza per la riforma delle concessioni balneari. E non poteva essere altrimenti: l’adunanza plenaria del Consiglio di Stato era stata chiara nell’indicare la fine di validità dei titoli esistenti, spiazzando gli imprenditori del settore.
La questione, si ricorderà, nasce dal “caso Lecce”e dal ricorso di Palazzo Carafa, che si era adeguato alle linee del Consiglio di Stato per la disapplicazione della norma del 2018 (che prevedeva le proroghe fino al 2033), ma il Tar di Lecce aveva poi  deciso diversamente. Nel novembre scorso, i giudici hanno messo un punto fermo alla questione per tutta Italia: “Dal giorno successivo (al 31 dicembre 2023) non ci sarà alcuna possibilità di proroga ulteriore – avevano rimarcato – neanche per via legislativa, e il settore sarà comunque aperto alle regole della concorrenza”. Sono durate troppo a lungo, infatti, le violazioni della disciplina europea sulla tutela della concorrenza, contenuta nella cosiddetta direttiva Bolkestein.
Ecco perché il governo ha dovuto dare avvio da subito all’iter per la riforma, attesa da 15 anni, e che riguarda tutte le concessioni demaniali e non solo quelle balneari.
Quella del pomeriggio è stata una seduta non priva di tensioni: è stata anche inizialmente sospesa per la richiesta dei partiti di valutare la bozza e per le richieste di ulteriori integrazioni e precisazioni avanzate dal ministero del Turismo. Ciò che si prevede, dunque, è la proroga fino alla fine del 2023, poi l’avvio delle nuove gare. Saranno fatte salve solo le concessioni rilasciate secondo procedure selettive (avviso pubblico di evidenza pubblica) e nel rispetto delle regole Ue: solo per queste resteranno efficaci le scadenze fissate.
Stando ai criteri adottati, si cercherà di tutelare le gestioni familiari, individuando tra i criteri premianti anche il fatto che nei cinque anni precedenti il reddito proprio e del proprio nucleo familiare si sia fondato prevalentemente sulla gestione del lido e si terrà conto della titolarità o meno di altre concessioni o di altre attività imprenditoriali. Inserita anche la clausola occupazionale. Dovranno, in ogni caso, essere previsti eventuali ristori per chi perderà le concessioni, a compensazione degli investimenti fatti fino al 2033, termine fino al quale in precedenza, per legge, erano state estese.
Quanto ai canoni, molto contenuti per non dire irrisori quasi ovunque, il governo dovrà definire “criteri uniformi per la quantificazione” tenendo in considerazione anche il pregio naturale e l’effettiva redditività delle aree demaniali da affidare.
Sul versante fruitori, poi, è stabilito che i gestori dovranno garantire a tutti l’accesso al mare, attraverso “la costante presenza di varchi per il libero e gratuito accesso e transito”. Si terrà conto, inoltre, del contenimento dei prezzi degli ombrelloni e della qualità del servizio offerto.
Non sarà una strada in discesa, in ogni caso, per la riforma: in Parlamento in tanti già annunciano battaglia e le associazioni di categoria già si fanno sentire.

 

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