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Mascherine fantasma del Lazio: 6 arresti nella “Biolife” con sede a Taranto. Intercettazione choc

TARANTO – La Biolife Srl, con sede a Taranto, avrebbe dovuto in pochi giorni, nel marzo 2020, far recapitare alla Protezione civile del Lazio dispositivi di protezione (tute e mascherine) più che urgenti. Arrivò soltanto una parte della fornitura promessa e, al danno la beffa, nel mese di agosto.

Il caso si conclude dopo un anno grazie alla Procura e alle Fiamme Gialle tarantine. La Regione Lazio è stata, a tutti gli effetti, truffata.

La Guardia di Finanza di Taranto in mattinata ha eseguito gli arresti domiciliari per sei, fra soci e delegati, della Biolife. Per il provento illecito, pari a circa 4 milioni di euro, è scattato anche il sequestro preventivo.

Dalle indagini è emerso come, a fronte dei contratti sottoscritti, l’impresa che fino al mese di marzo 2020 era attiva soltanto nel settore del commercio di integratori alimentari ha, dapprima, fornito documenti falsi che attestastavano la conversione della produzione e, successivamente, ha prodotto falsi certificati di conformità per superare le criticità emerse durante le procedure di sdoganamento della merce proveniente da Cina e Turchia.

Così parlavano i soci durante una conversazione privata, consapevoli delli illeciti emersi:

A: “Oggi alla Protezione Civile non ho detto niente, ho detto semplicemente che noi abbiamo fatto la richiesta all’Inail e stiamo aspettando che ci risponda”

B: “Si si, ho capito”

A: “In realtà sappiamo tutti e due…”

B: “sappiamo bene che fa schifo”

A: “eh, esatto. È un prodotto di mer**a”

B: “Vabbè prodotto di m**a”

A: “E quindi devo potermi giustificare in qualche maniera no?”

Sempre stando alle indagini, “i proventi incassati illecitamente sono risultati riciclati e autoriciclati dagli indagati per alimentare altre condotte delittuose, anche attraverso il trasferimento dei fondi su conti esteri”.

Gli arrestati sono accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere, truffa aggravata, falso, vendita di prodotti industriali con segni mendaci, frodi nelle pubbliche forniture, riciclaggio e autoriciclaggio. Nei guai, dunque, l’avvocato Pietro Rosati, l’amministratore delegato Luciano Giorgetti, Giacomo De Bellis in qualità di “partecipe” della società, e ancora Antonio Formaro, Francesco Oliverio e Raffele Buovolo,“in qualità di promotori, costitutori e organizzatori” dell’affare.

 

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