Cronaca

Processo “Ambiente Svenduto” , la requisitoria del pm: gestione sciagurata e criminale

TARANTO – Ilva: processo “Ambiente Svenduto” al via la requisitoria del pm che accusa: siderurgico gestito in maniera sciagurata e criminale. Tra gli indagati i fratelli Riva. Il processo iniziato 5 anni fa.

 

Al via, dinanzi alla Corte d’Assise di Taranto la requisitoria della pubblica accusa nell’ambito del processo denominato “Ambiente svenduto” per il presunto disastro ambientale causato all’Ilva della gestione della famiglia Riva. “ Sono 47 gli imputati: 44 persone fisiche (tra dirigenti ed ex dirigenti del Siderurgico, politici e imprenditori) e tre società (Ilva, Riva Fire e Riva Forni elettrici). La discussione delle parti si tiene, per motivi logistici (200 i posti disponibili), nell’aula magna della scuola sottufficiali della Marina militare, nella frazione di San Vito. Apre la requisitoria il pubblico ministero Mariano Buccoliero con l’accusa: “ilva gesita in maniera sciagurata e criminale”. Interverranno, anche nelle udienze successive, gli altri magistrati del pool ambientale. Dopo un primo rinio a giudizio nell’ottobre del 2015 annullato per un vizio di forma, il secondo rinvio a giudizio risale esattamente a cinque anni fa, febbraio del 2016. Tra gli imputati ci sono i fratelli Fabio e Nicola Riva, dell’ex proprietà Ilva, l’ex responsabile Rapporti istituzionali Ilva Girolamo Archinà, l’ex governatore della Puglia Nichi Vendola, l’ex sindaco di Taranto Ippazio Stefano, l’ex presidente della Provincia Gianni Florido, l’ex presidente dell’Ilva ed ex prefetto di Milano Bruno Ferrante, l’ex assessore regionale Nicola Fratoianni, gli ex dirigenti ‘fiduciari’ dei Riva, un legale Ilva, l’ex direttore generale Arpa Puglia, Giorgio Assennato. Circa mille le parti civili. A vario titolo sono contestati tra l’altro i reati di associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, due omicidi colposi in relazione alla morte sul lavoro di due operai.
L’inchiesta sfociò il 26 luglio 2012 nel sequestro degli impianti dell’area a caldo dello stabilimento siderurgico e nell’arresto di una parte dei vertici aziendali, a cominciare da esponenti della famiglia Riva, allora proprietaria della fabbrica

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