BARI – Fu abolito nel 2013 per essere “virtuosi”. A distanza di 7 anni, nel momento peggiore dell’ultimo decennio e forse più, ecco che la tentazione di ripristinarlo torna prepotente. Parliamo dell’assegno di fine mandato, quello che comunemente è definito trattamento di fine rapporto. I consiglieri regionali pugliesi da tempo stanno lavorando alacremente nei silenziosi corridoi del palazzo di vetro di via Gentile per regalarsi una buona uscita fra qualche mese.
Una tempistica difficile da comprendere visto che l’intero Paese è in ginocchio per una pandemia che lascerà macerie economiche difficili da sanare. Eppure, tant’è. La proposta portata avanti da qualche eletto della maggioranza, sta accogliendo il favore trasversale di tutti i partiti – 5 stelle per ora esclusi, pare -. Non sarà come quello abolito nel 2013 ma sarà comunque una spesa: 7mila euro lordi per ogni anno di legislatura. Quindi per 5 anni l’assegno da incassare sarà 35mila euro e andrà in favore di chi ha sospeso il proprio lavoro per assumere la carica di consigliere. La tesi sostenuta? “Le altre Regioni ce l’hanno, il parlamento pure”. Il punto è che qui fu abolito perché ritenuto un di più.
La cifra è niente male, comunque. Soprattutto se si considera che nel palazzo c’è chi di legislature ne ha fatte parecchie – quindi moltiplicherebbe 7mila euro per 15 anni e oltre – e c’è chi, non avendo più possibilità di godere del vitalizio perché questa è la prima legislatura in cui non si matura, si consolerà con una buona uscita.
Ammesso che, l’impopolarità di un tale balzello, porti a ripensarci.