ROMA- Sono partiti nella notte, con 15 pullman scortati dalle forze dell’ordine, per portare a Roma la loro preoccupazione e le loro istanze: nella capitale sono circa mille gli operai del siderurgico di Taranto e dell’indotto per la manifestazione nazionale dei metalmeccanici. Quella dell’ex Ilva è la vertenza clou. Nello stabilimento, braccia incrociate per lo sciopero di 32 ore indetto a partire dalle 23 di lunedì e proclamato dai sindacati confederali. In maniera autonoma, anche Usb ha promosso un presidio alle portinerie e un sit in davanti alla direzione. Hanno aderito anche le associazioni ambientaliste che insistono per la chiusura dell’acciaieria e il reimpiego degli operai nelle bonifiche.
Al centro delle proteste degli operai c’è, ovviamente, il nuovo piano industriale della multinazionale ArcelorMittal, che ha prospettato 4.700 esuberi entro il 2023 e il mancato rientro al lavoro dei 1.600 lavoratori attualmente in capo all’Ilva in Amministrazione straordinaria. “Proposta già respinta”, ha fatto sapere il premier Conte nelle scorse ore, anticipando che nella trattativa in corso con i Mittal “è prevista anche la partecipazione di aziende pubbliche, a partecipazione pubblica”. Giovedì alle 17 si terrà un nuovo incontro presieduto dal ministro Stefano Patuanelli presso il Mise con sindacati e commissari, stavolta su Ilva in amministrazione straordinaria.
A Roma, dopo il concentramento alle 10 in piazza Santi Apostoli, si è snodato il corteo. Poi gli interventi dei leader dei sindacati. “ArcelorMittal – ha detto il segretario della Cgil Maurizio Landini – ha sbagliato ad andare in tribunale: deve tornare al tavolo e trattare, a partire dall’accordo firmato con i sindacati. Quella roba lì non passa”, ha concluso, con riferimento a licenziamenti ed esuberi.
A Taranto gli occhi restano puntati, però, anche su altro. I pm hanno dato parere favorevole alla richiesta di proroga per un altro anno presentata dai commissari sull’uso dell’Altoforno 2, sequestrato e dissequestrato più volte nell’inchiesta sulla morte dell’operaio Alessandro Morricella. La decisione spetta al giudice Francesco Maccagnano che si esprimerà tra l’11 e il 12 dicembre.Se la proroga non dovesse essere concessa, l’altoforno 2 dovrebbe essere spento e con questo, a cascata, l’intera area a caldo.