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Ex Ilva, il vertice partorisce altra attesa

ROMA-  La vera causa della disdetta del contratto di affitto dell’acciaieria tarantina da parte di Arcelor non avrebbe nulla a che vedere con l’abolizione dello scudo penale. La verità? La multinazionale da tempo starebbe attraversando un periodo di crisi economica e aziendale. Ne sono convinti i giudici di Milano, tanto da metterlo nero su bianco nell’atto depositato nelle scorse ore, con cui hanno preso parte alla causa civile promossa dai commissari straordinari dell’ex Ilva.

“La vera causa della disdetta, pretestuosamente ricondotta al venir meno dello scudo ambientale -si legge- è eziologicamente riconducibile alla crisi di impresa e alla conseguente volontà di disimpegno dell’imprenditore estero”. A tale conclusione i giudici sono arrivati dopo aver proceduto all’ascolto dei dirigenti del colosso franco-indiano. Le loro dichiarazioni avrebbero, di fatto, sostanziato le accuse avanzate dai commissari straordinari che, con un esposto in procura, hanno dato il là ad un’inchiesta. A più voci i vertici di Arcelor avrebbero raccontato di un entusiasmo (a Taranto) iniziale calato di trimestre in trimestre, a causa degli introiti insufficienti, tanto da arrivare a disdettare gli ordini ai clienti. Da qui la decisione: i costi della produzione sarebbero risultati ben presto insostenibili, con un “trend di perdita inesorabile”, tanto da spingere a pensare ad un taglio della mano d’opera.

Le 10 pagine messe agli atti dai Pm di Milano mescolano nuovamente le carte in tavola. E lo fanno nelle stesse ore in cui a Palazzo Chigi il Premier incontra i vertici della multinazionale, intenzionato a chiedere chiarezza sugli esuberi annunciati, circa 5 mila. Alla vigilia dell’incontro Conte si era detto disposto a rimettere sul tavolo lo scudo penale, laddove la multinazionale avesse fatto dietrofront. Scudo che però, stando alle parole dei giudici, non potrebbe mai sanare la crisi aziendale che ha spinto l’azienda, dopo solo un anno, a tirarsi fuori dai giochi.

Un confronto fiume, quello del pomeriggio, ma “interlocutorio”, così come lo stesso premier lo aveva prospettato. Intanto nello stabilimento, dopo il blitz delle fiamme gialle, in mattinata è stata la volta dei Carabinieri del Noe di Roma, del Nucleo sulla sicurezza sul lavoro e del comando provinciale di Taranto. Su delega della Procura, continuano i controlli per verificare lo stato dell’acciaieria ed eventuali inottemperanze e responsabilità.

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