LECCE – Mezzo millennio di carcere: diventano definitivi i 500 anni di carcere inflitti nel complesso a membri del clan leccese i cui capi sono considerati Maurizio Briganti e Cristian Pepe.
La Corte di Cassazione ha confermato la senenza dell’8 giugno 2018 emessa dalla Corte d’Assise s’Appello nei confronti di 62 imputati che si sono fatti giudicare con rito abbreviato. Le accuse sono quelle di mafia, associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, spaccio, estorsioni. Ci sono anche le pressioni rivolte ad un 21enne che si tolse la vita dopo le minacce ricevute per restituire un debito.
L’inchiesta condotta dal procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia, Guglielmo Cataldi, ha riguardato, insomma, il tentativo di riorganizzazione del clan cittadino tra il 2012 e il 2013.
E’ stato disposto anche qualche annullamento, in gran parte con rinvio per un nuovo processo davanti ad altra sezione della Corte d’Assise d’Appello di Lecce.
In parallelo, non si è ancora concluso il processo per i dieci imputati che avevano scelto il rito ordinario: tra le accuse a carico di questi ultimi, anche la gestione delle affissioni dei manifesti della campagna elettorale delle amministrative leccesi del 2012.