Politica

No della Consulta alla legge di Emiliano sulla Partecipazione

BARI – La Corte Costituzionale ha bocciato la legge sulla Partecipazione. Il provvedimento voluto da Emiliano nel luglio del 2017, punto focale della campagna elettorale e dell’azione di governo, è stato cassato dai giudici della Consulta perché – come sostenuto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri che l’ha impugnata – invade le competenze esclusive dello Stato.

Ad essere censurati sono i commi 2 e 5 dell’articolo 7 della legge e che nel disciplinare le modalità del dibattito pubblico su opere, progetti, interventi di particolare rilevanza per la comunità pugliese, prevede che esso sia svolto anche per opere nazionali. Secondo il governo centrale ciò determinerebbe una indebita interferenza con il dibattito già previsto dalla legislazione statale di riferimento, visto che la Regione interverrebbe in un ambito – che è quello delle opere pubbliche – riservato, come detto, in via esclusiva allo Stato.

Più nel dettaglio, il dibattito pubblico è disposto, oltre che nelle ipotesi disposte dalla normativa regionale, per le opere di iniziativa pubblica che comportano investimenti complessivi superiori a 50 milioni di euro; in più, per le previsioni di localizzazione contenute in piani regionali in relazione a opere nazionali che comportano investimenti superiori a 50 milioni e per opere pubbliche e private con investimenti entro i 50 milioni di euro. Questo riporta l’esperienza di Tap, motivo che ha spinto la giunta ad intervenire con una legge che preveda di ascoltare i territori. Ma per i giudici della Corte Costituzionale anche questo comporta accavallamento di competenze.

Il tutto, si legge nella sentenza, completato dal decreto legislativo che già prevede- scrivono i giudici – “che vengano adeguatamente messi in rilievo le esigenze e i problemi dei territori incisi dall’opera”. E proprio perché – si legge ancora – “si è in presenza di un prezioso strumento della democrazia partecipativa, si devono evitare abusi e arbitrarie ripetizioni“. Pena “un ingiustificato appesantimento dell’intera procedura”.

Ora, dunque, la legge deve tornare in aula per le necessarie correzioni, quello che resta da capire è cosa resterà dell’impianto iniziale.

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