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Tap, sale la tensione: chiesta revoca permessi, diffida al governo

MELENDUGNO – E’ solo una calma apparente: “siamo ancora in attesa di una eventuale luce verde per ripartire”, ha detto l’AD di Saipem, Stefano Cao. La tensione invece sale e si sparano le ultime cartucce per provare a bloccare il gasdotto Tap. In mattinata il sindaco di Melendugno ha chiesto formalmente al Ministero delle Infrastrutture il ritiro in autotutela delle ordinanze della Capitaneria di Porto e della nota del 12 marzo dello stesso ministero. Sono i provvedimenti che, in sostanza, consentono alla multinazionale di avviare i lavori in mare senza concessione demaniale.

Gli occhi sono puntati anche sul Ministero dell’Ambiente, che entro la giornata di giovedì dovrebbe in sostanza dire se il gasdotto Tap può andare avanti, cosa che, stando alle dichiarazioni ufficiali del ministro Sergio Costa, sembra scontato.

Si guarda a Roma, insomma, mentre, come rimarcato da Cao, “sulla parte albanese i lavori di preparazione sono già ricominciati”.

E’ la compagnia italiana che, con l’impiego di una talpa, scaverà il microtunnel che servirà a collegare il tubo che arriva dal mare alla terraferma, a San Foca. Il compito di Saipem attiene allo svolgimento di indagini geofisiche del fondo marino, all’installazione del tubo nell’Adriatico per 105 km, alla fornitura ed installazione di un cavo a fibre ottiche, alle attività di pre-commissioning e alla realizzazione degli approdi costieri in Albania e Italia.

Quella del Ministero dell’Ambiente sarà la parola chiave, ma non la definitiva: sta effettuando una ultima valutazione tecnica sul dossier inviato dal sindaco di Melendugno prima di ripassare la palla al Consiglio dei Ministri, che però ha già fatto la sua valutazione politica nel momento in cui il premier Conte ha annunciato che stoppare l’opera costerebbe quanto una manovra finanziaria, circa 20 miliardi. Si attende di conoscere, a tal proposito, anche la documentazione della valutazione costi-benefici, che il sottosegretario Cioffi ha detto di avere, ma che il Mise e gli altri ministeri, qualche settimana fa, hanno dichiarato di non possedere.

Nervi tesi. Inevitabilmente. Nelle scorse ore, un “nuovo appello urgente al rispetto del diritto umano al clima” è stato inviato a Roma dal prof. Michele Carducci e dagli avvocati Raffaele Cesari e Elena Papadia a nome di cittadini, comitati noTap e associazioni. Senza le condizioni di garanzia e trasparenza informativa previste da normativa Ue e convenzioni internazionali “qualsiasi decisione finale del governo consumerà la certa lesione dei diritti umani al clima delle presenti e future generazioni”, scrivono i legali. La richiesta è di rendere pubbliche e accessibili le risultanze istruttorie e valutative. Quel che si prospetta, insomma, è che se dovesse arrivare il via libera politico definitivo ai lavori, la questione non si chiuderà così, ma il governo verrà trascinato dinanzi a tribunali internazionali e sovranazionali.

Un ultimo appello al vicepremier Luigi Di Maio arriva anche dall’europarlamentare S&D Massimiliano Paolucci: “non si rassegni ad una mortificante sconfitta su tutta la linea. Assuma urgentemente una iniziativa per modificare l’approdo finale del gasdotto in costruzione”.

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