Cronaca

Omicidio di Noemi, il dna incastra solo Lucio

LECCE- La prova del Dna al momento incastra solo lui, Lucio. E’ stato trovato solo il suo, infatti, sotto un’unghia di Noemi Durini, la sedicenne scomparsa da Specchia il 3 settembre 2017 e ritrovata morta dieci giorni dopo nelle campagne di Castrignano del Capo. E’ quanto emerge dalla perizia dei carabinieri del Ris sui reperti sequestrati, depositata presso la Procura per i Minorenni di Lecce.

Lucio e nessun altro, dunque. Almeno per ora. E questo passaggio è cruciale viste le accuse che il ragazzo di Montesardo ha rivolto al meccanico di Patù Fausto Nicolì. Per gli investigatori è stato impossibile risalire ad eventuali ed ulteriori tracce di Dna, anche per via dello stato dei luoghi e del tempo trascorso prima della scoperta del cadavere. Nei giorni precedenti il ritrovamento, pioggia e caldo hanno cancellato l’acido nucleico su ogni reperto biologico repertato.

Un tassello fondamentale quello che si aggiunge per chiarire ancora di più il quadro restituito dall’autopsia, secondo la quale la ragazza fu seppellita viva sotto un cumulo di pietre e morì asfissiata dopo essere stata picchiata, probabilmente a mani nude, e successivamente accoltellata alla nuca.

Del delitto si era auto-accusato il fidanzato della vittima, all’epoca dei fatti 17enne. Dopo la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini della Procura minorile, risulta l’unico indagato per omicidio volontario con le aggravanti di aver commesso il fatto con premeditazione, per motivi abietti e futili e di aver agito con crudeltà.
Nell’inchiesta parallela condotta dalla Procura ordinaria, però, resta ancora aperto il fascicolo in cui risultano indagati, come atto dovuto, il padre di Lucio per sequestro di persona e concorso in occultamento di cadavere e Fausto Nicolì, il meccanico 49enne di Patù tirato in ballo da Lucio in una lettera scritta nel carcere sardo (dove il giovane è detenuto) come unico autore del delitto.

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