Cronaca

Crac Ferrovie Sud Est: 11 ai domiciliari e sequestri da Bologna a Maglie

BARI – Undici persone agli arresti domiciliari, perquisizioni e sequestri a raffica in tutta Italia, da Bologna a Maglie.  Scoppia la bomba giudiziaria nelle Ferrovie Sud Est, dopo il vaso di pandora scoperchiato dai commissari nel 2016.

Le 409, dettagliate, pagine dell’inchiesta della Procura di Bari hanno convinto il gip del Tribunale di Bari, Alessandra Susca, che ha emanato l’ordinanza eseguita alle prime luci dell’alba dai finanzieri di Bari.

Ai domiciliari sarebbero Franco Cezza di Maglie con il figlio Gianluigi Cezza e la moglie Rita Giannuzzi, il già consigliere e assessore regionale Fabrizio Camilli, Ferdinando Bitonte (amministratore/gestore di ELTEL s.r.l., Centro calcolo s.r.l., Bit informatica meridionale s.r.l), Carlo Beltramelli (amministratore di Filben s.r.l), Carolina Neri, Gianluca Neri, Fausto Vittucci (revisore dei conti di FSE), Angelo Schiano (amministratore occulto e procuratore alle liti di FSE). A Nicola Alfonso è stata applicata la misura interdittiva del divieto di esercizio di attività professionale.

Per l’ingegnere leccese, Vito Antonio Prato, per lo stesso Angiulli e per Nicola Di Cosola e Giorgio Garrone è stato disposto il sequestro preventivo e la confisca di 91milioni di euro totali.

Secondo l’accusa Fiorillo avrebbe esternalizzato servizi fondamentali per la società, assegnando incarichi e contratti di appalto senza alcuna gara pubblica, disponendo del denaro societario come meglio credeva.
Ad Angiulli, ad esempio, Fiorillo avrebbe liquidato 4milioni 900 mila euro. Diciannove milioni di euro sarebbero andati al leccese Vito Antonio Prato e a Garrone per servizi
non rimborsati, poi, dalla Regione. Una cospicua somma plurimilionaria sarebbe spettata alla Filben, dalla quale Fiorillo ha acquistato i treni a prezzi stellari e nemmeno a norma. Alla famiglia Cezza, di Maglie, sono spettati oltre 2,5 milioni per la gestione dell’archivio, 14 milioni di euro, invece, sarebbero toccati alla Svicat di Camilli per l’acquisto di carburante a prezzo maggiorato. Tutte le operazioni, per i magistrati, sono state portate avanti con la “confusione di dati contabili”, tali da non rendere ricostruibili i passaggi e il reale patrimonio a disposizione, “con confusione in un unico conto delle somme derivanti dalla concessione del servizio di trasporto (150milioni di euro) e quelle derivanti dai contributi pubblici (85milioni nei vari anni)”. In tal modo, per il gip, Fiorillo, pur sapendo la situazione drammatica della società, avrebbe distratto le somme anziché sanare i bilanci. E poi c’è il corposo capitolo delle spese personali sostenute dall’ex amministratore unico di FSE: i 2600 euro per una bottiglia di vino, i 14mila mensili per l’autista personale sebbene la società ne avesse in organico uno proprio, ristoranti lussiosi, sale da the. Tutto, naturalmente, a carico della società. Né i richiami dei revisori, né i dipendenti potevano nulla, perché – si legge nell’informativa – “Fiorillo approfittava sistematicamente dei suoi poteri”, avvalendosi, tra l’altro, dello spettro del licenziamento.

Nel 2016, dalla relazione dei commissari emersero incarichi definiti inappropriati e dalle cifre spropositate. 

 

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