ROMA – La Cassazione ha stabilito che “Non agisce come agente provocatore il finanziere che – in incognito – entra in un CTD (centro trasmissione dati) e piazza una giocata per acquisire una prova della raccolta illecita di scommesse”.
La Suprema Corte lo ha affermato, decidendo sul ricorso intentato dal titolare di un centro del Leccese. Quest’ultimo aveva provato a sostenere che l’attività illecita – appunto la raccolta non autorizzata di scommesse – non avrebbe avuto luogo se il militare della Guardia di Finanza non avesse chiesto di piazzare la giocata, cioè il titolare del centro sarebbe stato indotto a commettere il reato dallo stesso finanziere e questo avrebbe comportato che la testimonianza del finanziare non potesse essere assunta come prova. Una tesi che tuttavia la Cassazione ha respinto, sottolineando che “anteriormente all’intervento della polizia giudiziaria, l’imputato avesse già consumato il reato, in quanto l’addetto all’internet point aveva già ricevuto il denaro di un primo ignoto scommettitore (e poi quello del finanziere in borghese)”.