Cronaca

Montedoro davanti al gip: “Non conosco i miei presunti complici”

LECCE- Omicidi, agguati di sangue, punizioni esemplari. Gesti eclatanti con i quali la pericolosissima cellula mafiosa capeggiata da Tommaso Montedoro non voleva solo liberarsi dai nemici. Esercitare sistematicamente l’uso della violenza per incutere sempre più paura e seminare terrore e morte, significava prendere il possesso di Casarano, Ruffano, Supersano e i comuni vicini. L’omicidio di Augustino Potenza e il tentato omicidio di Luigi Spennato riescono nell’intento. La cellula, anche per effetto della violenza assume il controllo del territorio in queste zone. “Entrambi gli episodi sono- si legge nelle parole degli inquirenti-pregni di significati mafiosi : lo scopo non è solo quello di uccidere, ma manifestare una sovrabbondante disponibilità di armi.”

14 proiettili ammazzano Potenza, esplosi da un fucile mitragliatore AK- 47, un kalasnikhov. Il 28 novembre è la volta di Luigi Spennato. Questa volta a colpire è una pistola mitragliatrice “Sten” e due fucili d’assalto a funzionamento semiautomatico j AK- 47, appunto kalasnikhov. Ben tre armi per un uccidere con ferocia una persona rimasta legata a Potenza che non morirà. Un errore che al clan costa caro perché Spennato rivela il nome di uno dei killer. I testimoni raccontano che la vittima, ferita gravemente , ripete il nome di Luca Del Genio. A confermarlo anche un microspia collocata per delle indagini parallele proprio nella sua auto che registra tutto: si sente il rumore agghiacciante e sinistro dell’esplosione dei colpi di arma da fuoco, le urla e le pressanti domande dei parenti: “Chi è stato?” “Luca è stato” risponde la vittima. Le indagini dei carabinieri partono da qui perché è in questo momento che si ha la svolta .

Hanno in mano un nome e da qui è semplice risalire al contesto. Il boss, che dagli arresti domiciliari, lontano centinaia di chilometri impartiva gli ordini era sempre lui , quel Montedoro ben noto alle cronache del Sud Salento che aveva deciso di essere il padrone assoluto , a qualunque costo, anche eliminando fisicamente le persone scomode. Ecco perchè anche Ivan Caraccio, divenuto inaffidabile, deve pagare con il sangue, subito.  Montedoro sa che ci sono indagini su di lui e teme una eventuale collaborazione con le forze dell’ordine di Caraccio, persona che evidentemente conosce bene le dinamiche del clan.

L’eliminazione deve avvenire prima del 22 maggio perché in quel giorno lui arriverà a Lecce per un processo. “Io lunedì pomeriggio arrivo! … (me ne vado) giovedì! .. mi raccomando sail…Fatemi il regalo! … di nuovo! … mi raccomando quando arrivo!…tuberco/oso!”. Un riferimento sarcastico al fatto che durante l’agguato a Spennato Montedoro era nel Salento. E la risposta di Del Genio è : “però … aho … si e trovato mentre stavi parlando … che vuoi di più … hai un alibi di fuoco! “ riferendosi al fatto che il boss, contemporaneamente al tentato omicidio fosse controllato dal Comandante della Stazione Cc di Casarano. E così, ricevuto il placet del capo, i sodali sono pronti ad eliminare Caraccio. Un’esecuzione con il metodo della lupara bianca. Questa volta il corpo doveva sparire. Rispetto a Potenza e Spennato il clima è cambiato. Questa volta meglio evitare ulteriore allarme sociale e attirare l’attenzione delle forze dell’ordine. Nelle intercettazioni il programma completo, con la fase uno dell’omicido e il ” secondo passaggio” : la soppressione del cadavere. A fare da esca Antonio Del Genio: “si trovano per esempio in un posto, dicono … e poi cugino Ia porta dove vogliamd’.

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