UGENTO- La Procura di Lecce prova a smorzare i toni sul rischio inquinamento a Burgesi. Con una nota ufficiale a firma congiunta del procuratore facente funzioni Antonio De Donno e dell’aggiunto Valeria Mignone, dice che non c’è “allo stato alcun riscontro sulla presenza, all’interno di tale discarica, di centinai di fusti contenenti Pcb” e che la presenza di questo potente cancerogeno certo è stata ritrovata, come si sapeva, non nelle acque di falda, bensì nel percolato “comunque destinato ad un particolare smaltimento in sicurezza” e “in quantità – scrive ancora la Procura – di certo non rilevantissime”.
È una nota, però, che giunge dopo aver chiesto agli enti di provvedere alla bonifica del sito visto “l’elevato rischio ambientale”, come scritto nella richiesta di archiviazione notificata per questo a Comune di Ugento, Regione Puglia e Ministero dell’Ambiente sebbene non ancora all’unico indagato che si è autoaccusato di quello smaltimento, Gianluigi Rosafio.
Ancora, in quella stessa richiesta si fa riferimento alla relazione depositata il 16 settembre dal dott. Giuseppe Mascolo, consulente dei pm e esperto del Cnr: in quel rapporto, sulla base delle analisi svolte sulle acque e sul percolato, si giunge a dire che “i risultati analitici dimostrano inequivocabilmente che nella discarica sono stati a suo tempo stoccati dei fusti contenenti Pcb che nel tempo hanno riversato parte del loro contenuto nei rifiuti e, conseguentemente, nel percolato”.
Per la Procura, tuttavia, non sono i nuovi 600 fusti di cui Rosafio ha parlato di recente davanti ai carabinieri del Noe e del Nucleo investigativo, perché quelle tracce di Pcb, a suo avviso, “sono agevolmente ricollegabili a quanto già accertato nel procedimento” penale del 2000, già definito con sentenza passata in giudicato nel 2014, “proprio in relazione allo smaltimento illecito, all’interno della discarica di Ugento gestita dalla Monteco srl, di rifiuti contaminati da Pcb”. Nulla di nuovo su cui indagare, dunque, secondo i procuratori aggiunti, perché le attività criminose di cui si è parlato in questi giorni “sono state già tutte oggetto di complesse indagini”.
Resta, tuttavia, un dubbio: il procedimento già definito riguardava lo sversamento di fusti contenenti Pcb su terreni tra Ugento, Presicce e Acquarica sottoposti a sequestro e poi bonificati, sempre in località Burgesi, ma all’esterno del perimetro della discarica Monteco. Rosafio, invece, ha parlato dell’interramento di ulteriori fusti all’interno, specificando il terzo lotto.
Certo è che solo scavando si potrà avere la certezza della loro presenza. Ed è quanto chiedono di sapere senza più alcun dubbio anche le popolazioni locali. Il Comune di Ugento, per il tramite dell’avvocato Luigi Quinto, ha chiesto ad Arpa Puglia e al dipartimento leccesi di avere tutti i dati dei monitoraggi effettuati sulla discarica dal 2000 ad oggi, chiedendo di acquisire anche lo studio specifico sul Pcb del 2009, quando la presenza della sostanza tossica nelle acquee sotterranee – e non nel percolato – è stata riscontrata, ma di questo nessuno sembra aver avuto notizia.