LECCE- Il futuro dell’olivicoltura salentina è nel modello spagnolo degli impianti superintensivi? La domanda è fondata, incrociando due dati. Il primo riguarda le osservazioni fatte sul campo – e per le quali si attende conferma scientifica – dal comitato Voce dell’Ulivo, per cui sono da considerare probabilmente resistenti o tolleranti al Complesso del Disseccamento dell’Olivo sei cultivar, vale a dire Leccino, Frantoio, Coratina, Pendolino, Bella di Cerignola e Cipressino. Speranze pressoché scomparse, a loro avviso, invece, per le due cultivar per eccellenza del Salento, Cellina e Ogliarola.
È a questo dato che ne va incrociato un altro. Emerge da uno studio ( http://www.uniba.it/ricerca/dipartimenti/disaat/dipartimento/personale/home-page-docenti/Camposeo_Salvatore/camposeo-salvatore/Inf.Agr.2006.pdf ) pubblicato sull’Informatore agrario in tempi non sospetti, nel 2006, a firma di Angelo Godini e Salvatore Camposeo, entrambi afferenti al Dipartimento di scienze delle produzioni vegetali dell’Università di Bari, oltre che di Vito Scavo, dell’associaizone provinciale produttori olio barese. Riporta i risultati di una coltivazione sperimentale fatta a Cassano Murge su diverse varietà di olivo per capire quale ha maggiore resa nel tempo in base al sistema, appunto, superintensivo.
“Per valutare l’adattabilità al sistema, oltre ad Arbequina e Arbosana, sono state messe a dimora altre sei varietà: Cipressino, Coratina, Frantoio, Fs-17®, Leccino e Urano®, reperite sul mercato pugliese”. Dopo quattro anni, i risultati sulla precocità di entrata in produzione e produttività iniziale sono stati ottimi in Arbosana e Fs-17, buoni in Arbequina; discreti in Urano, mediocri in Cipressino, Coratina, Leccino; negativi in Frantoio. Le prove, ad ogni modo, sarebbero continuate. Ma una parte di questa varietà, come si vede, coincide con le stesse che sarebbero risparmiate nel Salento dai sintomi del Complesso del disseccamento.
Quando e se arriverà una deroga ai reimpianti da parte dell’Ue, si procederà in questo modo? La strada sembra tracciata, agevolata anche dalla previsione annunciata dal commissario per l’emergenza Xylella, Giuseppe Silletti , di incentivi ai proprietari per l’espianto degli alberi definiti malati.
Un cambio di coltura, che però nel Salento coinciderebbe anche con un cambio di cultura. Non solo perché molte di quelle varietà sono le stesse da anni coltivate nei campi superintensivi di Spagna e altri paesi del Mediterraneo, parificando di fatto non solo i costi, ma anche i sapori e i mercati. Inoltre, potrebbe partorire una sostituzione progressiva del paesaggio: alberi secolari, se non millenari, sostituiti da siepi di alberetti che non arrivano ai 50 anni.
La riflessione è aperta. Perché la prospettiva è reale. Lo avevano preannunciato gli esperti in chiusura di quell’articolo sull’Informatore agrario: “Se si conviene che l’esercizio dell’olivicoltura è un fatto economico, non è tanto importante sapere quanti anni un oliveto è capace di vivere, ma sapere quanti anni conviene che esso viva e produca”.