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La mescolanza, il cinema secondo Fatih Akin

LECCE- Parla del “paragone”, della spola tra più culture. E lui, nato tedesco e di radici turche, figlio di immigrati ad Amburgo, sa perfettamente di cosa parla. Fatih Akin ha la mescolanza non solo nel sangue ma anche nello spirito delle sue pellicole. È a lui che l’Ulivo d’Oro alla carriera spetta quest’anno, in questa nuova edizione in corso del Festival del cinema europeo presso il Multisala Massimo di Lecce.
È il regista, tra gli altri, di Soul Kitchen (id., 2009) e, prima ancora, de La sposa turca (Gegen die Wand/Head-On, 2004,Orso d’Oro al Festival di Berlino). È l’autore del film Ai confini del paradiso (Auf der anderen Seite/The Edge of Heaven, 2007), girato tra Amburgo, Brema e Istanbul, la storia di un insegnante turco tedesco sulle tracce della figlia di una prostituta curda, Palma d’Oro per la sceneggiatura al Festival di Cannes.

Porta nel suo obiettivo il suo vissuto da immigrato di seconda generazione, di origini da affermare e non rinnegare, ma anche di tensioni razziali che segnano l’adolescenza. Non se ne dimentica neppure quando racconta per la tv tedesca la commedia Solino ( 2002), ritratto di una famiglia dell’Italia meridionale immigrata in Germania negli anni ’60.

C’è un flusso di storia che non tace nelle sue vene. E ritorna anche nel ritratto di una pagina controversa per la Turchia come lo è stato il genocidio degli armeni, al centro del suo nuovo film, Il padre (The Cut, 2014), presentato alla Mostra di Venezia, storia di un uomo che attraversa l’Europa e l’America in cerca delle due figlie da cui è stato separato al momento della deportazione.

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