LECCE- La lotta ai tumori con le armi spuntate: sette contratti in scadenza fra dieci giorni e non ancora rinnovati, nonostante ci sia la copertura finanziaria fino ad ottobre 2015. Con il paradosso che quei lavoratori sono proprio gli stessi che sorreggono la segreteria della Repol, la rete di prevenzione oncologica. “Senza quei rinnovi le nostre attività subiranno automaticamente un arresto”. Non usa giri di parola il direttore del Dipartimento di Prevenzione della Asl di Lecce, Giovanni De Filippis. E, anzi, è ancora più chiaro: “Il nostro è un dipartimento ad esaurimento, con poco personale, non siamo probabilmente nelle priorità aziendali”.
È una denuncia che arriva nel pieno della bufera sul rilevamento dei picchi di uranio e cesio ad Andrano e sui ritrovamenti continui di rifiuti interrati. Ed è anche l’altra faccia della medaglia rispetto alla buona nuova dello stanziamento, nelle scorse ore, di 5,2 milioni di euro da parte della Regione Puglia per l’estensione su Lecce e Brindisi dell’indagine epidemiologica già prevista su Taranto.
Il rischio è ora che, come già accaduto per le indagini sul radon, si riparta di nuovo da zero. “Spero che vengano tenute in considerazione le esperienze già maturate sul territorio nell’ambito della Repol”, dice De Filippis. Con appena 30mila euro, infatti, è stato portato avanti lo studio epidemiologico con 1200 questionari da somministrare per ricostruire le storie personali di altrettanti malati di tumore al polmone. Percorso irto di ostacoli, visto che i dati di riferimento sono del registro tumori 2007 e nel frattempo in molti sono morti. A questo si aggiunge la scarsa collaborazione dei medici di famiglia, tanto che è stato necessario avviare una nuova campagna di informazione. I primi dati, comunque, sono già al vaglio di un gruppo che li sta elaborando . Ma non c’è solo questo come punto di partenza: in corso ci sono gli studi, in collaborazione con l’Università del Salento, sugli effetti delle modifiche al dna del particolato .
Non solo, in collaborazione con Arpa, sono già stati effettuati studi nell’area sud della Asl, da Maglie in giù, su 30 campioni all’anno di prodotti alimentari (latte, farine, carne e pesce) nell’ambito del piano straordinario ( 2009-2013) per le ricadute di Chernobyl e che rileva che non ci sarebbero contaminazioni da cesio negli alimenti. È un nuovo dettaglio che si andrebbe ad aggiungere nell’incertezza del caso Andrano, di cui si sarebbe dovuto discutere in mattinata tra Asl e Arpa, incontro rinviato al prossimo 12 gennaio.
