LECCE- “La corruzione prospera sulla povertà” e così lo studio del quotidiano La Repubblica sul voto di scambio punta il faro anche su Lecce. È nell’elenco delle dieci città più povere finite sotto la lente e da cui emergerebbe una spia chiara: l’esame incrociato dei dati sulla partecipazione dei cittadini alle elezioni e degli indicatori economici lascerebbe intendere “come il voto di scambio si sia ormai impadronito di intere parti d’Italia”.
La tesi è chiara, forse anche semplicistica: più è povera la cittadinanza, più partecipa alle amministrative e meno alle politiche e questo perché sarebbe più condizionata dalla presenza di candidati vicini. Anzi, “la povertà distorce i comportamenti elettorali”. Nelle dieci città più ricche, campione preso dalle classifiche del Sole 24 Ore, si ha la tendenza esattamente opposta.
Certo, ogni città ha la sua storia. E Lecce, a dire il vero, è tra quelle in cui lo scarto tra comunali al primo turno (nel 2012 il ballottaggio non si è tenuto) e politiche è stato più contenuto, pari al 2,5 per cento.
Ma “nei grandi numeri – scrive Repubblica – l’indizio diventa una prova. Dove il reddito è più basso e quindi gli elettori sono più facilmente acquistabili con denaro, alimenti, a promessa di lavoro o la minaccia di licenziamenti, è alle comunali e non alle politiche che tende a concentrarsi il voto di scambio. Alle ultime comunali esisteva infatti il voto di lista sui singoli candidati, mentre alle politiche le liste erano bloccate. … il candidato alle comunali è in grado così di controllare che lo scambio del voto sia avvenuto: poichè ha le liste degli elettori iscritti ai seggi di ciascuna sezione, nota subito se in un seggio ha ricevuto meno voti dei 20 o 30 che sa di aver ‘comprato’.
Da qui la maggiore affluenza media nelle città a forte disagio economico, al primo turno delle comunali”, per cui , appunto, Lecce è tra le prime in Italia. Secondo chi ha effettuato lo studio, quelle anomalie nell’affluenza sono “tali da permettere a chi pratica il voto di scambio di controllare un comune, i suoi appalti e le aziende municipalizzate. Si genera, così, grazie alla povertà, il modello ‘Mafia Capitale’”.