TARANTO – Natale di tregua dopo e mesi di bufera all’Ilva di Taranto. L’azienda e la famiglia Riva, si accinge ad archiviare un 2012 che giorni fa il Presidente Bruno Ferrante ha definito, nel discorso agli operai per la messa di Natale, “veramente difficile, complesso, fatto di ansie e di preoccupazioni”.
In fabbrica sarà certamente anche un Natale di cassa integrazione, le incertezze sulle retribuzioni si legano all’andamento del mercato dell’acciaio che vive una fase di crisi.
Per il calo della domanda, dal 19 novembre l’Ilva ha infatti chiesto la cassa ordinaria per 1.400 lavoratori dell’area a freddo, la parte finale del ciclo da dove escono i semilavorati e i prodotti finiti. Allo stato, quindi, diversi impianti dell’area a freddo sono fermi in parte per la crisi e in parte per le conseguenze del sequestro di fine novembre che impedisce di muovere le merci destinate ai clienti, ma anche ad alimentare gli altri siti dell’Ilva in Italia e all’estero. Sono fuori dalla fabbrica 1.400 unità per crisi, 230 per i danni del tornado del 28 novembre scorso e 700 per il blocco giudiziario.
La legge approvata in Parlamento consente ora di vendere i beni ai quali sono stati apposti i sigilli e quindi, è presumibile che almeno gli impianti fermati dall’azienda dopo il sequestro ripartiranno nei prossimi giorni, cioè non appena l’Ilva formalizzerà ai Magistrati l’istanza di dissequestro.
Ci sono ancora tanti problemi da risolvere. Solo in queste ore e con 4 giorni di ritardo sulla scadenza normale, gli oltre 11.000 lavoratori del siderurgico di Taranto potranno materialmente incassare la tredicesima. Per la prima volta in 17 anni da quando l’Ilva è privata, l’azienda paga in ritardo.
Inoltre per la prima volta, la ditta non distribuirà tra i dipendenti il classico panettone di Natale, segno di un anno non proprio felice e positivo.