Cronaca

Figli naturali e legittimi: prevale la “verità legale”

LECCE- Una donna di un paesino in provincia di Lecce, figlia legittima di una coppia di coniugi, sostiene di essere in realtà figlia naturale di un uomo ora deceduto. Sarebbe nata dalla relazione extraconiugale che la madre avrebbe avuto con l’uomo, cosa che sarebbe comprovabile con il test del DNA. Nei confronti della vedova dell’uomo e dei quattro figli, suoi eredi, la giovane ha chiesto quindi al Tribunale di essere riconosciuta quale figlia naturale del rispettivo loro marito e padre, per esercitare tutte le prerogative connesse a questo status e rivendicare i relativi diritti, anche di natura alimentare ed ereditaria, sul patrimonio del defunto genitore.

A tale pretesa si è opposta la vedova del presunto padre, difesa in giudizio dall’Avv. Pietro Quinto, il quale ha eccepito la improponibilità ed inammissibilità della domanda perché, anche nel sistema delineato dalla legge Renzi, non è consentito chiedere di essere riconosciuto come figlio naturale di altro padre se prima non si demolisce lo status di figlio legittimo del genitore legale, risultante dai registri anagrafici, attraverso un preventivo giudizio che deve essere promosso entro il termine di decadenza fissato dalla Legge. Azione, questa, che la ricorrente non ha mai proposto e non potrebbe più proporre perché fuori termine. “La riforma Renzi in materia di totale equiparazione dei figli naturali a quelli legittimi, attraverso il riconoscimento della paternità da parte del genitore biologico anche se unito in matrimonio con altra persona all’epoca del concepimento, non ha travolto i limiti e gli strumenti processuali per il riconoscimento in sede giudiziaria della filiazione naturale” spiega Quinto.

Il tribunale di Lecce ha affermato questo principio con una sentenza che costituisce una delle prime applicazioni in argomento della riforma della filiazione.Il Pubblico Ministero, invece, aveva espresso parere favorevole all’accoglimento della domanda.Il Tribunale ha però accolto le argomentazioni difensive, rilevando come il principio sancito dalla riforma della filiazione, secondo cui “tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico”, non ha fatto venir meno il divieto di esperire la domanda di riconoscimento della paternità giudiziale “in contrasto con lo stato di figlio in cui la persona si trova”, stabilito dal previgente codice civile.

“La riforma – ha precisato il Tribunale – non ha comportato l’unificazione delle azioni di stato, come avviene in altri Paesi, la cui legislazione privilegia, in ogni caso, il principio della verità biologica, posto che permane il divieto di esperire l’azione di stato diretta a fare conseguire al soggetto lo stato di soggetto nato fuori dal matrimonio in contrasto con lo stato di figlio ( “legittimo”) risultante dall’atto di nascita”.

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