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Via Montello, gli psichiatri: “De Marco psicotico. Avrebbe continuato ad uccidere”

oLECCE- “Estremamente difficoltoso comunicare con lui perché inaccessibile e chiuso, con attorno un vuoto assoluto per evitare qualsiasi contatto vitale con il mondo esterno”. Questa corazza protettiva dal resto del mondo è emersa prepotentemente durante i colloqui in carcere tra gli specialisti Francesco Carabellese, il suo collaboratore Michele Bruno ed Elio Serra, con Antonio De Marco, il 21enne di Casarano assassino reo confesso di Eleonora Manta e Daniele De Santis.

Sulla base della loro relazione conclusiva gli avvocati Andrea Starace e Giovanni Bellisario hanno presentato richiesta, non accolta dal gip Michele Toriello, di una perizia psichiatrica prima dell’avvio del processo. Le conclusioni alle quali gli psichiatri sono arrivati sono che “De Marco è un giovane affetto da un quadro psicopatologico grave, composito e complesso, che rimanda senza alcun dubbio alla dimensione psicotica della psicopatologia.  Il duplice omicidio è causalmente connesso a questa infermità di mente”.

A questo i consulenti sono arrivati anche esaminando i suoi scritti, soprattutto il diario che comincia il 29 dicembre 2019 e dal quale emergono “spaccati cangianti del suo vissuto, il substrato ideativo del duplice omicidio”. Domenica 5 gennaio ad esempio annota un episodio di malessere e riempie quasi due pagine con la domanda “Perché?”.

Dagli scritti emerge un forte senso di solitudine “Io non sarò mai amato, mai!”,  venerdì 7 agosto si legge: “ Voglio farlo… voglio uccidere qualcuno…quando andrò via potrò uccidere Daniele. Mi piacerebbe una donna per prima, ma penso che così sia una buona base di partenza. Ogni giorno che passa mi sento sempre meno umano.”

Il 21 agosto, esattamente un mese prima della mattanza in via Montello, De Marco ha già ideato il suo piano e scrive: “Ho deciso che ucciderò Daniele, ho deciso di intraprendere una vendetta contro dio, il mondo, la vita che odio così tanto”.

La decisione di uccidere, secondo gli psichiatri, è stata maturata lentamente e alla fine “abbracciata” tenacemente, perché solo così avrebbe avuto la sua ricompensa, e cioè una donna. “ “Pensavo- dice De Marco durante i colloqui- che già subito dopo averlo fatto le cose sarebbero cambiate e sarebbe arrivata una ragazza che mi avrebbe fatto avere Dio, l’universo…”

“Un pensiero questo- si legge nella relazione- incorreggibile nella sua intima convinzione, sganciato dalla realtà”. Le due vittime, sfortunate perché semplicemente di facile accesso, avrebbero dovuto essere solo le prime di una serie casuale. La programmazione prevedeva che non riconoscessero il loro assalitore, mentre la messinscena dal carattere macabro e satanista era stata ideata esclusivamente per sviare le indagini.

“De Marco mostra quasi la volontà che tutto si completi e giunga infine alla sua condanna in carcere, quasi che questa possa garantirgli la permanenza definitiva nel proprio mondo autisticamente chiuso e psicoticamente rassicurante, così da essere quasi libero di inseguire i propri fantasmi psicotici”.

Ma il 21enne è consapevole della gravità di quello che ha fatto? Secondo gli psichiatri sì, e ne accetta le conseguenze con rassegnazione. Ma non sembra nutrire alcun senso di colpa. Confermando, ciò che ormai da tempo è noto: e cioè che “non vi è pentimento per le condotte assunte negli stati psicotici, nei quali è ancora avvolto”.

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