Cronaca

Il killer davanti alle foto del massacro: “Mi viene da vomitare”. Nessuno screzio con la coppia: vittime scelte a caso

LECCE – Che a monte ci sia stata una lunga premeditazione nessun dubbio. Ma la scelta delle vittime sarebbe stata del tutto casuale. È quanto è emerso in sintesi nelle tre ore di interrogatorio, in carcere, al quale è stato sottoposto Antonio De Marco e al margine del quale è stato convalidato l’arresto per l’aspirante infermiere, reo confesso del duplice omicidio di via Montello a Lecce.

“Perchè hai scelto loro?” gli è stato chiesto. Il senso della risposta sarebbe stato: per facilità. Una coppia conosciuta, felice, a portata di mano, ma con la quale avrebbe raccontato di non aver avuto screzi e dalla quale non avrebbe mai subito insulti o torti di nessun genere.

Davanti a lui il GIP Michele Toriello e il Pm Maria Consolata Moschettini. Al suo fianco i legali difensori, Andrea Starace e Giovanni Bellisario.

Un disagio sociale profondo, seppure ben nascosto: questo avrebbe spinto De Marco a fare una copia delle chiavi di quell’appartamento lasciato a fine agosto in via Montello, per poi scegliere un giorno a caso in cui agire.

Sul biglietto, con su scritte tutte le istruzioni, vi sarebbe anche stata un’altra indicazione. “Caccia al tesoro” questo avrebbe scritto. Secondo le prime deduzioni la messa in scena, degna di un film dell’orrore, avrebbe poi dovuto trasformarsi in una sorta di sfida lanciata agli inquirenti. “Provate a prendermi”: questo, tradotto in soldoni, in senso di quella rappresentazione che alla comunità tutta avrebbe dovuto lasciare un messaggio.

Sempre durante l’interrogatorio, alla vista degli scatti che immortalavano le vittime dopo il massacro, De Marco avrebbe mostrato segni di malessere. “Aspettate, mi viene da vomitare” avrebbe commentato.

Cosa avrebbe dovuto scrivere sul muro, al margine della carneficina, non lo aveva pianificato. Con i solventi portati al seguito e le apposite istruzioni, però, avrebbe dovuto ripulire tutto.

All’uscita del carcere gli avvocati difensori si sono limitati a riferire che il loro assistito era “visibilmente turbato, scosso, ma ha risposto a tutte le domande”. Sulla richiesta di una perizia psichiatrica “è un’ipotesi che stiamo valutando” hanno tagliato corto.

E.F.  e  M.C.

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