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La vicenda “Act Blade” in via di risoluzione. Ma è comunque una sconfitta per Brindisi

BRINDISI – E’ bastata una giornata di incontri, prima a Bari e poi a Brindisi, per rimuovere gran parte delle difficoltà che rendevano difficile la nascita a Brindisi di un insediamento produttivo della società ACT Blade. Si tratta di una start up, una società a responsabilità limitata con sede a Pomigliano d’Arco, in provincia di Napoli e con un capitale sociale di 13mila euro. Proprio qui da noi dovrebbe occuparsi – grazie alle risorse messe a disposizione da Sviluppo Italia – di realizzare nuove pale eoliche rispondenti a criteri di leggerezza e resistenza, in maniera tale da garantire maggiore produzione energetica. Una attività vista di buon occhio dall’Enel che avrebbe voluto localizzarla nella sua zona franca doganale, affidandola alla sua partecipata Enel Logistic. I tempi, però, sono lunghi, anche per la totale incertezza che regna sul futuro della centrale a carbone di Cerano il cui termine di chiusura al 2025 è solo un lontano ricordo a causa della crisi mondiale energetica.

Da qui la decisione di scegliere un’altra location che era stata individuata in Sant’Apollinare. La storia dei pareri negativi espressi dal Comune di Brindisi e dalla Soprintendenza archeologica competente per Brindisi e Lecce è ben nota a tutti. Si faceva riferimento alla destinazione d’uso per quell’area stabilita nel Piano regolatore portuale (legata a doppia mandata al traffico crocieristico), ai vincoli archeologici legati alla vicinanza con il capannone ex Montecatini ed alla possibile presenza di reperti archeologici nel sottosuolo, così come ai vincoli imposti dal PPTR.

Adesso, dopo gli incontri di ieri, la società proponente l’investimento d’incanto ritiene di poter ridurre la richiesta di utilizzo dell’area da 7 anni più altri 7 ad un totale di soli 4 anni. Dopo di che si potrebbe spostare nella zona franca doganale di Enel Logistics.

E i vincoli citati nei pareri che fine hanno fatto? Possibile che pareri considerati tecnici vengano rimossi con ciò che ha il chiaro aspetto della scelta politica? E che senso ha considerare validi i vincoli se la durata è più lunga, mentre diventano ininfluenti se ci si limita a quattro anni? Il tutto, senza considerare che in Italia non c’è nulla di più definitivo di ciò che viene considerato provvisorio. Come dire, insomma, che rischiamo di ritrovarci quei capannoni chissà per quanto tempo, magari ritardando la nascita del nuovo banchinamento per crociere di sant’Apollinare.

E non è tutto. Questa vicenda – a partire dall’intesa delle ultime ore su un insediamento limitato a pochi anni – conferma che a Brindisi non ci sono aree disponibili in zona industriale, soprattutto tra i 640 ettari inseriti nella Zona Economica Speciale. In caso contrario, non si giustifica con la sola vicinanza al mare dei capannoni la scelta di utilizzare preziosi piazzali retroportuali per realizzare un nuovo insediamento produttivo. Del resto, sono tante le aziende che producono grandi strutture per poi trasportarle nel porto per imbarcarle su navi da carico.

Insomma, siamo di fronte ad un brutto segnale di incapacità e di impossibilità a mettere a disposizione aree per nuovi insediamenti produttivi. Un motivo in più perché si torni a parlare prepotentemente di area SIN e del suo futuro.

Mimmo Consales

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