Cronaca

Diffamarono un assessore? Il giudice assolve due membri di Gallipoli Futura. Ecco le motivazioni

GALLIPOLI-“Non fu diffamazione”. Le motivazioni della sentenza di assoluzione dei due rappresentanti dell’associazione civica “Gallipoli Futura”  Giuseppe Cataldi e Luigi De Tommasi,  difesi dall’avvocato Giampiero Tramacere, sono state depositate oggi. I due erano imputati nel processo in abbreviato dopo una querela da parte dell’ assessore comunale di Gallipoli Emanuele Piccinno che nel processo si è costuito parte civileIl giudice Antonia Martalò ha ritenuto che “Non c’è prova che il fatto costituisca un reato”.  Il  fatti nel marzo 2017,  quando, dopo la notizia diffusa dai quotidiani locali su un’indagine  per associazione mafiosa che coinvolgeva diversi soggetti, tra cui lo stesso Piccinno, l’associazione presentò una mozione consiliare con la quale chiedeva la sua rimozione  dalla carica di assessore. 

La notizia riguardava la richiesta da parte della Procura di Lecce di rinvio a giudizio per una serie di  persone, tra le quali lo stesso Piccinno. Il titolo della mozione presentata era  “Solleviamo la questione morale”.  “La notizia che per il Piccinno ci fosse la richiesta di rinvio a giudizio per associazione mafiosa  è sicuramente falsa- scrive il giudice–  A lui infatti era contestato il reato di  truffa aggravato dalla finalità di   agevolare il sodalizio mafioso”. Una differenza certo non da poco. Preso atto di ciò, il giorno successivo, con un comunicato  a firma congiunta di De Tommasi e Cataldi, l’associazione prendeva atto dell’inesattezza della notizia,  ed emendava la propria mozione.

Secondo il giudice “L’evolversi degli eventi esclude la configurabilità del reato di diffamazione”  evidenziando come le fonti giornalistiche  che avevano riportato la richiesta di rinvio a giudizio nella cosiddetta operazione Clean Game, non avevano specificato, nell’ elenco dei nomi, quali tra questi rispondesse del reato associativo. Nessuno degli articoli in questione puntualizzava  i reati di cui era chiamato a rispondere  il Piccinno. “Non vi è dubbio-  scrive il Gup nelle motivazioni-  che sugli imputati incombesse  l’obbligo di verificare  se al Piccino era contestato il reato associativo mafioso prima di intraprendere qualsivoglia iniziativa pubblica.  Ciò che però si rileva è l’evidente assenza  dell’elemento soggettivo,  e cioè della coscienza e volontà  di offendere l’altrui reputazione . Infatti, appreso  dell’infondatezza della notizia,  dopo appena 24 ore dal comunicato stampa,  gli imputati facevano ammenda dell’atteggiamento assunto emendando la mozione   e rettificando le proprie richieste  anche attraverso la diffusione  di un comunicato a diverse testate, nel  quale si chiedeva formalmente scusa per le inesattezze contenute negli atti precedenti. L’omesso controllo circa l’esattezza della notizia può aver causato un danno all’immagine del Piccinno  e legittima, semmai , una richiesta del risarcimento del danno, ma non è sufficiente  a fondare un giudizio di penale responsabilità  a carico degli autori di quella notizia, che non hanno accompagnato la mozione con commenti o espressioni offensive”.

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