TARANTO – “La Chiesa non è stata a guardare, ma ha preso subito partito per la difesa della vita attaccata dalla diossina e da altre sostanze tossiche, ma ha anche difeso il lavoro che permette lo sviluppo della vita”.
Lo ha detto l’Arcivescovo di Taranto Filippo Santoro parlando dell’Ilva nel discorso tenuto al Sinodo dei Vescovi sulla nuova Evangelizzazione.
“Per gli effetti inquinanti della più grande fabbrica siderurgica d’Europa – ha sottolineato Santoro – 12mila persone (20mila con l’indotto) rischiano di perdere il posto di lavoro, mentre molte altre persone già sono state vittime di tumori e di altre gravi malattie a causa della contaminazione ambientale.
Non avendo a disposizione una ricetta per la soluzione di questo grave problema, abbiamo offerto una presenza solidale e un sostegno concreto a quanti sono toccati dagli effetti disastrosi di questa triste alternativa in questo periodo di recessione economica mondiale”.
Il Presule ha fatto presente che la Chiesa non può offrire “soluzioni, ma la vicinanza, consapevoli della missione di farci pellegrini accanto a chi soffre, favorendo il dialogo e la concertazione per il bene comune.
Per questo – ha spiegato l’Arcivescovo – ho visitato gli operai dell’altoforno 5 che scioperavano a 60 metri d’altezza ed ho incontrato gli ammalati di tumori, ho visitato la Lega contro la leucemia, la sclerosi multipla, l’associazione nazionale tumori e altre associazioni, tra cui ‘I bambini contro l’inquinamento’.
Ma il conflitto rimane aperto e vediamo – ha osservato Mons. Santoro – la profonda crisi umana e sociale di questo modello di sviluppo economico”.