MELENDUGNO – Nel cuore della notte, sono ripresi i lavori per l’espianto di undici ulivi nel cantiere del gasdotto Tap, nelle campagne di San Basilio, a Melendugno. Intorno alle 2, l’arrivo massiccio di forze dell’ordine per scortare i mezzi della multinazionale. Gli attivisti hanno denunciato di essere stati confinati nell’area del presidio, di fronte al cantiere. Alle 6 del mattino, le operazioni di invasamento delle piante sono state quasi ultimate. Alle 7.30, operai e agenti, circa duecento con rinforzi giunti anche da Napoli, sono andati via, tra i fischi e le urla dei manifestanti.
I No Tap comunque non si erano fatti trovare impreparati, visto che si attendevano un’operazione simile in queste ore, dopo che la trattativa affidata al comandante della Polizia municipale Antonio Nahi è naufragata, ieri pomeriggio.
Nel vertice in Prefettura, ieri mattina, infatti, il Servizio fitosanitario della Regione e Tap, in seguito al sopralluogo dei tecnici agronomi del 24 aprile scorso, hanno ribadito la necessità – ai fini della salvaguardia – di espiantare e collocare in vaso undici ulivi su cui erano già state effettuate le operazioni di zollatura, ma che non erano poi più stati asportati in seguito alle proteste, ad una prima sospensione cautelare del Tar Lazio e infine all’intesa di riprendere i lavori a novembre, raggiunta su proposta della stessa Tap sabato scorso.
Di parere molto contrario il comitato No Tap e il Comune di Melendugno, che hanno chiesto di curare gli ulivi sul terreno, senza la loro rimozione, proprio per evitare nuove tensioni. Che questa notte, invece, sono ritornate.
Per la prima volta, assente al presidio il sindaco di Melendugno, Marco Poti, piuttosto duro: “ancora una volta hanno requisito un pezzo del mio territorio”.
Di seguito l’intervista a Gianluca Maggiore, portavoce del comitato #notap, che parla di come è andata la notte:
T.C.
