Cronaca

La “guerra del pesce”: così i pescatori salentini resistono all’invasione estera

PORTO CESAREO- Essere ospitali, sopratutto intorno ad una tavola imbandita, è una delle regole di ogni salentino che si rispetti. Se l’ospite internazionale però è nel piatto, non sempre è ben gradito. Stiamo parlando del pescato nostrano che, sgomitando tra la già vacillante situazione della pesca di tutt’Italia, potrebbe ben presto vestire i panni del padrone di casa.  Il fermo biologico per le attività della flotta da pesca italiana è già’ ripartito in tutto l’Adriatico: da Pesaro a Bari l’interruzione temporanea è prevista dal 16 agosto al 26 settembre mentre da Brindisi a Imperia dal 17 settembre al 16 Ottobre. Ma i pescatori salentini, di cedere, proprio non ne vogliono sapere.

Un provvedimento rigido che arriva in un momento difficile per le marinerie, che negli ultimi 30 anni hanno perso il 35 per cento delle imbarcazioni,18mila posti di lavoro e il 32 per cento delle imprese. Per sopravvivere, insomma, il pescato nostrano non basta più.

Una concorrenza che qualcuno definisce “sleale” quella dei prodotti d’oltralpe, spacciati spesso come italiani soprattutto nella ristorazione. Complice l’assenza dell’etichettatura d’origine. Perchè quella del mercato ittico non diventi una “rotta persa” basterebbe infatti qualche accortezza in più che sa d’amor di patria, come quella di verificare l’etichetta almeno nei banchi frigo. Non si tratta di chiusura delle frontiere insomma, ma di una sana “resistenza” all’invasione. Del resto, si sa, siamo tutti nella stessa barca: basterebbe trovare il giusto equilibrio per rimanere a galla.

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