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Corruzione e favori, i volti del sistema e le chat “scomode”

LECCE – Era Maurizio Laforgia, stando alle carte dell’inchiesta, il collante tra politica e quindi l’ex assessore regionale Alessandro Delli Noci, e l’imprenditoria, Barone e Congedo. Laforgia sarebbe il “lobbista-faccendiere”, capace di orientare decisioni e dirigere capitali pubblici verso aziende e soggetti amici. La figura di spicco, però, resta quella di Alessandro Delli Noci, ex assessore regionale allo Sviluppo Economico ed ex consigliere regionale, che non è destinatario di misure cautelari grazie alle sue dimissioni. Dimissioni che, secondo il giudice, “hanno fatto venire meno il rischio di reiterazione del reato e di inquinamento delle prove”, ma che non scalfiscono la gravità indiziaria a suo carico, anzi: la confermano.

In carcere da ieri mattina Alfredo Barone, imprenditore di 69 anni, ritenuto l’ideatore e regista della rete di favori, appalti, scambi elettorali e finanziamenti pubblici pilotati. Ai domiciliari Marino Congedo, 82 anni, e Maurizio Laforgia, 52, quest’ultimo figlio di Domenico, già rettore Unisalento e direttore del Dipartimento Sviluppo Economico della Regione.

Nelle oltre 1200 pagine emerge un sistema ben oliato, dove si spingevano pratiche, si facilitavano bandi pubblici e si orientavano le assunzioni. “Qui facciamo il supermercato degli imprenditori”, avrebbe detto uno degli indagati riferendosi al meccanismo con cui le imprese ricevevano vantaggi grazie alla rete relazionale costruita attorno a Delli Noci, Laforgia e Barone.

Uno dei simboli più eloquenti del patto di scambio riguarda un ristorante sushi, riconducibile a Barone: le forniture venivano usate come “mezzo di favore” e gratitudine verso politici e amministratori, come riportato in un passaggio dell’ordinanza.

Emerge con forza il ruolo di Delli Noci come “riferimento politico” del gruppo criminale, un uomo di fiducia, plasmato e sostenuto da Laforgia. «È il cavallo su cui ho puntato», dice Laforgia in una delle intercettazioni agli atti, e in un’altra: «Me lo prendo con il guinzaglio, con la museruola». Parole che descrivono in modo crudo il legame di controllo esercitato dal lobbista sull’ex assessore. Delli Noci avrebbe garantito “percorsi collaterali” e corsie preferenziali per l’approvazione di pratiche e progetti, in cambio di supporto elettorale, pacchetti di voti, cene e contributi in denaro. L’intero sistema era proiettato non solo alla gestione del potere presente, ma anche a consolidare il futuro politico di Delli Noci: si parla di lui come del possibile futuro presidente della Regione o parlamentare. Un progetto strutturato, con tanto di “contenitore di idee e finanziamenti”.

Ma nonostante le dimissioni, i contatti con il gruppo sono risultati attuali. Le analisi sui dati di traffico telefonico, sulle chat e i “punti di incontro” tra dispositivi cellulari hanno documentato come le interlocuzioni tra Delli Noci e Barone siano proseguite fino a poco tempo fa, anche per un investimento a Gallipoli. Le chat estratte dai telefoni sequestrati confermano che Delli Noci sollecitava gli uffici pubblici del suo assessorato per dare riscontro alle richieste dell’imprenditore Barone, inoltrando via messaggio i quesiti e ricevendone le risposte da girare al referente economico.

Non solo: tra i contenuti estratti anche chat recenti sulla vicenda “Stimmatine”, progetto da milioni di euro per la ristrutturazione di un ex convento. Si parla anche della questione “Rivabella”, tema discusso tra Barone e Delli Noci ancora fino al 2 aprile 2024. Per il gip, le dichiarazioni difensive non sono riuscite a scalfire la ricostruzione operata dagli inquirenti. Le affermazioni dell’allora sindaco di Lecce Carlo Salvemini, che avrebbe voluto testimoniare la regolarità amministrativa degli atti, vengono ritenute irrilevanti perché “omissive rispetto alle condotte criminali svelate dalle indagini”.

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