Dare il proprio voto in cambio di 50 euro o della promessa di un posto di lavoro è un “peccato veniale” che non merita di finire a processo: così la Procura di Bari ha motivato la richiesta di archiviazione per 51 elettori indagati con l’accusa di corruzione elettorale nell’ambito dell’inchiesta che ad aprile 2024 portò ai domiciliari l’allora sindaco di Triggiano, Antonio Donatelli, e l’allora numero uno di Sud al Centro, Sandrino Cataldo, marito dell’ex assessora regionale Anita Maurodinoia.
Gli indagati, molti imparentati fra loro, ascoltati dai militari hanno confermato di aver ricevuto soldi, e qualcuno ha detto di averlo fatto per pagare le bollette.
Il 3 luglio, davanti alla giudice Susanna De Felice, si aprirà l’udienza preliminare nei confronti di Cataldo, Maurodinoia, Donatelli e altri quindici, accusati a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione elettorale, calunnia, corruzione e falso. Secondo l’accusa il meccanismo per procacciare voti fu messo in atto non solo nelle elezioni comunali del 2019 a Triggiano ma anche in quelle di Grumo Appula del 2020, quando agli elettori veniva chiesto di votare per il candidato al Comune e per Maurodinoia alla Regione. Eletta con 22mila voti, fu ribattezzata “lady preferenze” del Pd pugliese.